di Vittorio Lussana
Donald Trump ne ha combinata un’altra. Nei giorni scorsi, il presidente degli Stati Uniti ha incontrato alla Casa Bianca il presidente della Repubblica sudafricana, Cyril Ramaphosa, leader dell’African National Congress: il Partito di Nelson Mandela simbolo della lotta alle politiche segregazioniste in Sudafrica. L’incontro era iniziato persino bene, ma si è presto trasformato in un’imboscata, come quella subita qualche mese fa dal presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky. Il presidente Ramaphosa si è infatti ritrovato costretto a dover ascoltare una serie di accuse contro il proprio Paese, relative a presunte discriminazioni subite dalla popolazione di discendenza boera in Sudafrica.
Si tratta di una tesi totalmente campata per aria, diffusa già da tempo dalle destre statunitensi, secondo le quali, in Sudafrica, sarebbe in corso un “genocidio della razza bianca”. Nessun Partito o organizzazione sudafricana ha mai denunciato la cosa. Nemmeno quelli che rappresentano la minoranza bianca degli afrikaner (che oggi si chiamano così, perché parlano un dialetto olandese denominato: ‘afrikaans’).
Donald Trump ha fatto esplicito riferimento a un “gran numero di agricoltori brutalmente uccisi”: un’accusa totalmente priva di fondamento. E ha affermato che agli agricoltori bianchi sarebbero stati “confiscati i terreni” facendo riferimento a una legge sudafricana approvata solo di recente dal governo presieduto da Ramaphosa, la quale prevede l’esproprio senza indennizzo solamente in alcuni casi specifici.
Durante l’incontro con la stampa, tenutosi come di consueto nello studio ovale, una giornalista ha anche chiesto a Donald Trump se fosse possibile convincerlo “che non esiste nessun genocidio dei bianchi in Sudafrica”. Ma il presidente americano ha risposto mostrando l’estratto di un documentario, in cui si vedono alcuni politici sudafricani di opposizione cantare una canzone dove si incita a “sparare ai boeri”, come se ciò potesse rappresentare la prova diretta di “una sorta di apartheid al contrario”.
I boeri sono i discendenti dei colonizzatori europei giunti in Sudafrica intorno alla metà del XVII secolo. Oggi si chiamano afrikaners e sono, per circa un terzo, olandesi, per un altro terzo tedeschi e per circa un 12-13% francesi. Col passare dei secoli, essi sono diventati un gruppo culturale unico, che parla l’afrikaans: un idioma derivante dall’olandese. Questi coloni sono anche noti con la definizione storica di boeri e le loro principali occupazioni sono quelle di praticare l’agricoltura e la pastorizia su terreni tolti alla popolazione locale, poiché una vecchia legge del 1913 riservava ai neri non più del 7% delle terre coltivabili.
Nel 1948, il governo del Sudafrica, a quei tempi guidato dalla minoranza afrikaner, introdusse l’apartheid: una politica di segregazione razziale che teneva la maggioranza nera in una posizione subordinata, precludendole l’accesso ai migliori lavori, negandole ogni incarico di potere e persino l’accesso all’istruzione superiore. L’apartheid è stato abolito nel 1994, ma il Paese è rimasto profondamente razzista: gli afrikaner sono poco più del 7% della popolazione totale, ma occupano la maggior parte dei ruoli dirigenziali e possiedono più del 70% delle terre coltivabili.
Alcune riforme introdotte dall’African National Congress (Anc), il Partito che governa il Paese ininterrottamente dal 1994, in buona sostanza stanno solamente cercando, assai faticosamente, di ristabilire una condizione più equa ed equilibrata di coabitazione pacifica. Vanno in questa direzione le leggi di “potenziamento economico” e di “equità nelle assunzioni”, le quali tendono a privilegiare i gruppi sociali ed etnici meno rappresentati. A causa di ciò, la minoranza bianca ha cominciato a sentirsi discriminata e a denunciare casi di corruzione e clientelismo. Peraltro, dal giugno del 2024, l’Anc di Ramaphosa governa in coalizione con una forza politica espressione della minoranza bianca: la Democratic Alliance (Da), di stampo liberista e conservatore. Ebbene: la Da ha talvolta criticato queste misure di equità e ha fatto ricorso in tribunale contro la norma sulle assunzioni.
A gennaio 2025 è stata approvata la legge sulle “espropriazioni dei terreni agricoli”: si tratta di una norma che prevede l’esproprio per quei terreni lasciati incolti o in cui non sono previsti progetti di sviluppo per “finalità d’interesse pubblico”. In alcuni casi, l’esproprio può avvenire senza indennizzo, ma solo dopo il fallimento di ogni tipo di accordo con i proprietari. Facciamo notare, che la normativa, essendo stata approvata da pochi mesi, non ha ancora avuto il tempo di trovare piena applicazione. E almeno sino a questo momento, non risutano espropri eseguiti da parte dello Stato. Il presidente Trump, invece, ha sostenuto il contrario.
Anche il dossier mostrato ai giornalisti dal presidente americano, al fine di dimostrare le violenze e le uccisioni di contadini bianchi non ha alcun riscontro con i dati reali: il Sudafrica ha registrato circa 7mila omicidi nel 2024, ma quelli avvenuti contro gli agricoltori sono stati solamente una dozzina. Una delle persone uccise era un latifondista; cinque risiedevano nella fattoria; altre 4 vittime erano addirittura dipendenti neri. Purtuttavia, le accuse di “omicidi di massa” hanno cominciato a circolare in rete secondo un metodo che risale ad Adolf Hitler, quando imputò a boemi e polacchi di discriminare le minoranze tedesche residenti nei Sudeti o residenti a Danzica. Si tratta, oggi come allora, di notizie false.
Anche il videoclip, mostrato da Donald Trump alla stampa al fine di dimostrare le incitazioni alla violenza tramite la canzone ‘Kill the boer, kill the farmer’, risulta estratto da alcuni comizi dell’Economic Freedom Fighters (Eff): un Partito filomarxista, guidato da Julius Malema, che non fa parte del governo. Si tratta di un vecchio brano antiapartheid riarrangiato in chiave moderna, che alcuni giudici sudafricani, chiamati a pronunciarsi intorno alla questione, già da tempo hanno stabilito come non possa esser “preso alla lettera”.
Nonostante ciò, il video è circolato sui canali social legati alle destre estreme, come prova del “genocidio dei bianchi” in corso nel Paese, in polemica con la magistratura locale. La quale, come di consueto, viene vista come un fastidio dalla minoranza bianca, soprattutto quando decide in maniera a lei contraria o, più in generale, perché poco controllabile: altro elemento in comune con le destre di tutto il mondo, dato che persino il senatore Claudio Borghi, ospite a Piazzapulita, il programma condotto da Corrado Formigli su La7, ha seraficamente accusato la Corte costituzionale della Repubblica italiana di essere “un organo politico”.
Siamo ormai di fronte al classico ribaltamento da avvocaticchi di infimo livello: il politico che vorrebbe sostituirsi ai giudici nell’interpretazione delle norme, mentre la magistratura viene accusata di essere un “organo politico”. Si faccia molta attenzione a queste cose, perché le facevano i nazisti: nemmeno Mussolini si era spinto a tanto, delegando la materia giurisprudenziale a Rocco e ai suoi esperti.
Qui, invece, siamo di fronte a qualcosa di più serio e centralizzato, che si sta diffondendo anche in Italia: un vero e proprio metodo di destabilizzazione eversiva delle istituzioni, attraverso la diffusione di informazioni totalmente false o gravemente distorte.
Siamo ormai alle porte di una vera e propria guerra civile strisciante: prima ce ne rendiamo conto e meglio sarà per tutti.
(23 maggio 2025)
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