di Marco Biondi
Non mi sto preoccupando di una presidente del Consiglio il cui partito porta nel simbolo la fiamma tricolore del vecchio MSI e nemmeno di un presidente del Senato che ostenta a casa sua la “crapa pelata” più nefasta della storia moderna del nostro Paese. Queste sono persone che potrebbero anche non essere parte della storia che sto per raccontare e, soprattutto, sono dove sono perché elette in votazioni democratiche e libere.
La mia storia, anche se di fantasia, si basa su numeri più che concreti ed è per questo che può diventare una storia di terrore.
Quando si parla di dittatura il pensiero non può non andare al nostro fascismo, giusto un secolo fa, e al nazismo tedesco. E’ un pensiero ancora abbastanza presente in una percentuale preoccupante della nostra popolazione e suggerisce, come ha suggerito negli scorsi decenni, che no, non è possibile che si possa ricadere nell’errore di un secolo fa. La privazione della libertà, le leggi razziali, le deportazioni, i forni crematori: quanti esempi terrificanti abbiamo davanti ai nostri occhi e nei nostri libri di scuola per pensare che un passato tanto tragico non abbia nessuna possibilità di tornare. Eppure, temo che possa non essere così.
Se analizziamo le parole, dittatura è, da sempre, l’antitesi della democrazia. Quando non c’è democrazia, c’è un potere assoluto che ne nega ogni diritto. E la logica vuole che nessun essere umano raziocinante possa davvero preferire la dittatura alla democrazia. Ma se rivoltiamo il ragionamento, possiamo davvero affermare che la democrazia interessi alla maggioranza dei cittadini italiani? Chi non si interessa di politica, nel senso che non solo non la segue, ma non si cura di informarsi di ciò che succede, come potrebbe temere l’evoluzione in una dittatura?
E allora pensiamo alla fascia più giovane della nostra popolazione, quella che ha raggiunto l’età del voto da meno di cinque anni e, di quella che la raggiungerà entro i prossimi cinque anni. Secondo voi quanti sono quelli che ascoltano, anche occasionalmente, giornali radio o telegiornali? Quanti sono quelli che leggono, anche occasionalmente, un quotidiano? Credo sia inutile parlare di quelli che seguono o hanno seguito almeno in periodo elettorale un dibattito politico. Non credo esistano statistiche ufficiali, ma temo, fortemente, che il numero sia tristemente molto basso, molto al di sotto del fatidico 50% che oggi, bene o male, si reca alle urne – nonostante non ci sia un dato preciso sull’ascolto “anche occasionale” di giornali radio e telegiornali o lettura dei quotidiani da parte dei giovani tra i 20 e i 30 anni, le tendenze indicano che la percentuale è significativamente inferiore rispetto alle fasce d’età più avanzate; ndr.
La logica conseguenza di tali abitudini, porta a pensare che nel prossimo futuro la percentuale di elettori che decideranno di non esercitare il proprio diritto/dovere di elettori sia destinato a crescere. Se pensiamo poi che il partito del non voto nelle ultime tre consultazioni elettorali è sostanzialmente raddoppiato, passando da circa il 20% del 2006 a quasi il 40% del 2022, la situazione risulta ancora più complessa.
Il ragionamento quindi evolve in questo senso: se metà della popolazione non si informa, non segue la politica, non va a votare, quanto potrebbe essere importante per questa fascia, abbondantissima, di popolazione, che siano mantenute intatte le libertà democratiche faticosamente conquistate “solo” ottant’anni fa?
Ero partito dall’idea di proporvi numeri da analizzare. Mi rendo conto che sia inutile. La sola conclusione alla quale vorrei arrivare è che, se oggi quasi la metà dei famosi “aventi diritto” non esprime il proprio voto, nel prossimo futuro il rischio è che questa percentuale possa lievitare fino a superare, nel giro di pochi anni, i due terzi. E se solo un terzo della popolazione crede nell’importanza di un regime democratico, qualsiasi scenario diventa possibile.
Un secolo fa abbiamo assistito a “plebisciti”, basati sulla cattiva informazione. Cosa ci potrebbe portare a credere che oggi si possa escludere uno scenario simile?
La mia conclusione è banale: chi può, cerchi di trasferire i valori della democrazia anche ai giovani. Sono loro il nostro futuro. Se non riusciamo noi, delle precedenti generazioni, a trasferire questi valori, a chi dovremmo delegare questo compito? A una scuola che è sempre meno valutata e che continua a mostrarci segni di degradazione, di mancato rispetto degli insegnanti, di disattenzione da parte delle istituzioni?
Rimbocchiamoci le maniche, parliamo con i nostri figli e con i nostri nipoti, facciamo capire loro che la dittatura è la peggior iattura che possa accaderci. Diamoci tutti una mano. Potrebbe andarne della libertà futura dei nostri figli e dei nostri nipoti.
(19 maggio 2025)
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