di Samuele Vegna
Una premessa necessaria è che il pezzo di Anna Paola Concia e Alessio De Giorgi pubblicato da Il Foglio di Claudio Cerasa oggi 4 febbraio, mi ha scosso profondamente, mi ha fatto piangere vecchi dolori, ma mi fa credere che c’è chi ancora oggigiorno guarda in faccia la realtà, e ho deciso di dare una risposta che vorrebbe andare oltre e che è una pacifica dichiarazione di guerra alla pigrizia e all’ignavia di un movimento inesistente. Ripercorro non soltanto la mia esperienza personale ma anche le tante testimonianze che negli anni ho raccolto.
Concia e De Giorgi, nove anni fa ci si trasferiva nelle grandi città come Roma e Milano perché ci si sentiva più al sicuro, perché essere parte della comunità lgbtq+ non significava, all’interno di uno spazio sicuro e tollerante, essere deviatə ed essere in pericolo. Significava speranza, sicurezza, libertà, fuggire dalla provincia che non era così pericolosa com’è per noi oggi, pericolo che invece oggi vedo riflesso in modo speculare dappertutto.
Non è il bagno fluido, non è la schwa – che come vedi uso – ma è cambiamento culturale lentissimo il problema della comunità lgbtq+, è l’orizzonte comune di riferimento che fa sentire pesantemente la propria assenza in un paese (in un popolo) in stato confusionale sui valori e che non ha le basi per assimilare in maniera efficace la tolleranza verso simboli e parole.
Nove anni fa, scandisco con il tempo della mia vita, esisteva un movimento lgbtq+ trasversale, appunto, che coinvolgeva tuttə, che aveva un serio orientamento e una bussola; certo non erano i nuovi moti di Stonewall ma era un qualcosa che convinceva anche me, che un po’ mi illudeva, e che come prima esperienza me ne accontentavo; tante e tanti come me si adattavano, ci adattavamo al poco che veniva ottenuto perché, appunto, vivevamo una democrazia più sana che non comportava un metodo fascista diffuso e perché ci ponevamo obiettivi raggiungibili e chiari: dalla sinistra arrivava un’istanza seria per volta, c’era una linea ideologica che giungeva in alto spinta dalla base senza deviazioni laterali e poco oneste, e questa spinta veniva portata avanti con orgoglio verso un obiettivo finale concreto, chiaro e condiviso. Nove anni fa non esisteva la confusione che banalmente si riscontra oggi, confusione fomentata da slogan, ricerca di like, ricerca di consensi a destra e a manca (e in centro).
Il profitto, certo, da qualcuno è sempre stato ricercato, non è il caso di mentire, ma da ricercarlo a farlo diventare l’obbiettivo principale il passo è stato breve. E si salta il fosso. Almeno questa è l’impressione. Di fatto, questo è certo al di là delle impressioni, il principale obiettivo delle cosiddette associazioni che credono ancora di formare un movimento unitario, è solo un’unità di facciata. Comunque si chiamino. Nove anni fa, ma sarebbe meglio parlare di trent’anni fa, l’attivista, l’intellettuale, o il semplice uomo gay, o la donna lesbica, erano ascoltati, protetti e aiutati, vivevano in linea con un desiderio di idee, di valori e con una necessaria ricerca di più spazio vitale. Tutto era più condiviso.
E’ che si è persa la spinta della base perché non c’è più la base, non è il caso di mentire nemmeno qui. Poi i sospetti e le gelosie fanno parte dell’essere umano, ma questa è un’altra storia. E io ero più giovane. E magari meno esigente.
Oggi questo movimento non esiste più perché c’è una generale distrazione di massa, l’oscurità è calata su di noi e siamo, a nostra volta, tra quelli del consenso e del risultato immediato, politico o sociale, e lo si vuole gratis. Non c’è lotta con la società: lo vedo ai Pride, lo vedo al TDOR. La parcellizzazione ha creato divisione: è divisione. E porta incertezza e vuoto, e la natura ha orrore del vuoto ideologico. Ma il vuoto fa comodo all’uomo o alla donna che cerca la poltrona. O il like. A ognuno la sua ambizione.
La famosa bussola che viene evocata da Concia e De Giorgi, è perduta, è stata smarrita quando all’arrivo delle unioni civili i vertici del movimento hanno pensato che fosse il momento di fermarsi, perché la lotta era finita, e che oramai andava bene continuare con la stessa mentalità di prima, ma con zero consolidamento politico e con zero attività culturale. Il risultato di oggi è che ci odiamo tra di noi.
La chiara richiesta d’aiuto di quella che era la base del movimento lgbtq+ non viene ascoltata più ascoltata: faccio il test per prevenire hiv e sifilide e poi mi scopro che qualcuno che stava lì con me mi vende (o mi vuole vendere) sostanze stupefacenti che uccidono, che permettono stupri di gruppo e violenze.
Dò ragione a Concia e De Giorgi perché siamo distratti, e distrutti, da discorsi, parole e persone che dovrebbero essere cancellati per ottenere una vera parità che non sia soltanto un’utopia : siamo una rana che lentamente bolle in una pentola, ma tanto finché non siamo cotti a puntino, finché tutto quello per cui abbiamo lottato noi e i nostri predecessori non ci sarà tolto, come le unioni civili e la transizione di genere, finché non ci sarà un avvenimento esagerato, non ci sveglieremo. E un giorno potremmo svegliarci ed essere concretamente, andando oltre la tua lettera Concia, essere un movimento fuorilegge.
Io vivo e nasco nella paura, perché quindi dovrei espormi manifestando il mio pensiero e dichiarandomi gay o lesbica, se tanto non ricevo la solidarietà di un tempo? È triste rimpiangere la speranza di un tempo e piangere sulla lieta serenità che ci è stata venduta da lupi travestiti da pecore.
È diffusa convinzione, ed è una cosa ovvia, e scomoda, che ad oggi il vero nemico della parità non è soltanto l’internazionale reazionaria che regna nel mondo dall’Argentina al Canada, passando certamente per Trump e Musk, fino all’Europa e alla Russia, ma è lo stesso politico che si definisce di sinistra e che qualcosa di sinistra lo ha sempre promesso in grande stile ma non lo ha mai fatto; il nostro nemico, e come Concia e De Giorgi mi rivolgo come intellettuale alle tante persone lgbtq+ concrete e pragmatiche che starebbero meglio se potessero veramente essere loro stesse, è chi crede che la causa sia il bagno fluido e la schwa, quando in realtà avere una schwa o potersi travestire dovrebbe essere un semplice effetto di una cultura basata sul cambiamento reale e non sul virtuale, basata su valori condivisi e pacifici e non invece, come accade oggi, sul doppio messaggio schizofrenico di una sinistra che va a cozzare con tutte le nostre necessità dirompenti ed emergenziali. Se non siete incazzati ora, cos’altro si può dire?
Io non sostengo più nessun politicante che tra l’altro è stato eletto con il mio supporto, diretto o indiretto, che attualmente parli di diritti lgbtq+ e che sfrutti meschinamente l’onda mediatica delle aggressioni omofobe e del sonno di diritti che è dei nostri tempi e che riguarda universalmente la cittadinanza tutta in un dolore collettivo e costante. Io non sostengo chi mi vende una città come “zona di sicurezza e di libertà lgbt” quando è quella dove avvengono più crimini di abusi sessuali e aggressioni a danno della comunità lgbtq+. Perché toccare uno o una di noi, dovrebbe farci sentire toccati nel profondo tuttə.
Non sostengo più alcuna delle associazioni che oramai porta non diritti, ma porta i suoi vertici in politica a non fare nulla, io non farò incassare più milioni in mio nome con leggi e leggine che non sono altro che simboli di decadenza e non di vero potere cittadino che nasce da uno schieramento in forze. Il futuro ad oggi si può guardare soltanto facendo i conti con chi nel passato ci ha illuso, punendolo per le sue menzogne.
Che cosa me ne frega della schwa, delle donne che anche loro hanno il testosterone, della Spagna e dei discorsi in politichese sulla ragionevolezza se c’è chi avvelena i pozzi e ora, piccino, se ne lamenta, mentre io ho paura ad esprimere me stesso, mentre mi sento impotente nel vedere il crollo definitivo di un ex-movimento che mi garantisce l’entrata in una darkroom ma non l’uscita dal portone di casa in sicurezza se sono dichiarato su chi sono e cosa penso, e su che cosa voglio?
Questo è il tema, questa è la realtà contingente, che tutto quello che abbiamo oggi è uno specchio per le allodole. Io non sono più un burattino. Questa è la mia bussola, la mia sveglia, il mio mantra, il mio grido di dolore.
In conclusione, io so che per ottenere qualcosa di concreto, e c’è molto di buono da poter ottenere, dobbiamo sapere quello che vogliamo e di sicuro, l’odio interno e l’abuso non saranno mai i giusti metodi per essere chi vogliamo, perché per guadagnare i diritti umani, la parità, l’uguaglianza, bisogna lavorare insieme, fianco a fianco, giorno e notte, ogni lettera di LGBTQ+.
La strada è lunga.
(4 febbraio 2025)
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