di Marco Biondi
Ho preso un paio di notizie di ieri da Repubblica.it (qui e qui, se siete abbonati sono leggibili) e mi è venuta voglia di commentarle con voi. La prima notizia riguarda il fatto che il Regno Unito, a seguito della Brexit ha perso oltre 5 punti di PIL. Questo emerge da uno studio di Goldman Sachs (non proprio gli ultimi arrivati) che testualmente sottotitola “dal 2016 l’economia britannica ha avuto una performance inferiore rispetto agli altri Paesi avanzati”, che secondo loro supera i 5 punti di PIL. Vi risparmio i dettagli dello studio (per chi è abbonato, invito comunque a leggerlo) perché vorrei risalire alla genesi della Brexit: qualcuno, di matrice reazionaria e populista, a suo tempo aveva deciso di cavalcare la scarsa popolarità della quale godeva la Comunità Europea da parte di una fetta abbastanza ampia di popolazione, soprattutto quella rurale e scarsamente acculturata.
Evidentemente lo fece per ottenere benefici personali e guadagnare potere. Salvo poi ritirarsi dalla politica per impopolarità.
Molti avevano intuito che si trattasse di un errore, ma, principalmente a causa di una comunicazione basata su dati e notizie inventate, alla fine al referendum prevalse la scelta di abbandonare la Comunità. Furono diffuse false aspettative sul fatto che l’economia britannica ne avrebbe beneficiato, “risparmiando” miliardi di sterline che non sarebbero più stati versati al portafoglio comune della Comunità. Alla luce degli effetti abbondantemente negativi che ha avuto l’uscita del Regno Unito dalla Comunità Europea, e che sono conosciuti diffusamente da anni, ci si aspetterebbe lo sdegnato ripudio di chi aveva sostenuto le regioni per il voto “Exit” al referendum, ma, sembra, che, nei fatti non sia così.
I sondaggi più recenti danno Reform Uk, il partito del redivivo Nigel Farage, ex leader dell’UKIP e del partito della Brexit, ancora in grado di superare la soglia del 10%. Questa volta Farage sta assurdamente puntando sulla lotta all’immigrazione (della quale il Paese ha sempre più bisogno, soprattutto in conseguenza dell’uscita dall’Europa che l’ha privata della manodopera che le aveva consentito la crescita negli anni precedenti la Brexit. Resta la curiosità di capire come ne usciranno i conservatori che si erano schierati compatti a favore dell’uscita nel referendum del 2016. Pare che non sia previsto un tracollo, anche se è probabile il ritorno al Governo da parte dei Laburisti dopo oltre quattordici anni. Contassero veramente i fatti, non ci dovrebbe essere praticamente partita, seppure parte dei laburisti a suo tempo non fu compatta nel sostenere le ragioni della permanenza nella C.E.
Altro caso che mi piace segnalare riguarda questa notizia: Francia, la trasferta segreta di Macron “In una fattoria, da solo con gli agricoltori, per capire la crisi”. E la mia riflessione è semplice: non vorrei tanto accostare la differenza di approccio tra il francese e la nostra Premier; lui è andato, in tutta segretezza a cercare di capire in prima persona come affrontare una crisi importante, capendone le ragioni, la nostra ha mandato il cognato in favore di telecamere. Probabilmente ognuno ha ciò che si merita. La riflessione più importante, a mio avviso, è che il raggruppamento politico che fa capo a Macron in Europa è accreditato di circa la metà dei voti che si presume prenderà il gruppo al quale fa riferimento Marie Le Pen. E anche questo non è, per niente, rassicurante.
La conclusione è, come spesso accade negli ultimi periodi, sconfortante. In politica conta pochissimo quello che uno ha fatto o che sta facendo. Conta enormemente di più quello che viene promesso, le parole pesano molto di più dei fatti. E non è decisamente una buona notizia.
(15 febbraio 2024)
©gaiaitalia.com 2024 – diritti riservati, riproduzione vietata
Iscrivetevi alla nostra newsletter (saremo molto rispettosi, non più di due invii al mese)