di Claudio Desirò
Che la politica nazionale si sia trasformata negli anni in un gioco a chi la spara più grossa, a chi usa lo slogan più accattivante, a chi sventola più in alto la bandierina ideologica del momento, è purtroppo un dato di fatto. Un trend che, nell’attuale assenza di idee e di proposte, sta portando le opposizioni a rubarsi a vicenda le “idee”, le bandiere più nazionalpopolari, in un gioco che ricorda da vicino quel rubabandiera a cui tutti giocavamo da piccoli.
Ed è così che la neosegretaria PD, nel tentativo di recuperare consenso per il suo partito morente, rubando spazio all’alleato organico Conte, si impossessa della battaglia sul salario minimo, mettendo a rischio la posizione pentastellata di populisti di riferimento.
Una battaglia dal sicuro appeal nelle frange della sinistra più radicale e nell’elettorato a cinque stelle, che evidenzia una volta di più il posizionamento politico del “nuovo” corso del Partito Democratico. Una proposta superficiale, come è uso negli slogan da gettare in pasto alle proprie basi, e che risulta anacronistica nel Paese OCSE con la più alta pressione fiscale, sia sulle imprese, che sulle persone fisiche, che sul lavoro. Un’idea – partorita dagli elaboratori di slogan? – che getterebbe sulle spalle del mondo dell’impresa il fardello dell’aumento della capacità di spesa del dipendente, aggravando ancora di più la capacità di concorrenza delle stesse.
Gli stessi benefici che si potrebbero ottenere per il lavoratore attraverso il “salario minimo”, li si otterrebbero, sia per i dipendenti che per l’impresa stessa, attraverso una riduzione della pressione fiscale e della tassazione sul lavoro. Certo, è una strada che deve prevedere coperture finanziarie, che non potrà che procedere per step e difficilmente traducibile in uno slogan acchiappa consenso, come piace invece in certi ambienti.
Una manovra più complessa e complessiva che sembra, finalmente, iniziare a muoversi sui tavoli di Governo con buona pace degli sbandieratori di slogan, dei fautori delle soluzioni semplicistiche a problemi concreti.
Con la speranza che la politica torni al più presto alla concretezza delle idee relegando chi non è in grado di farlo ad un posto marginale della storia, evitando ulteriori gravi danni per tutti noi, sacrificati per troppo tempo sull’altare populista.
(17 marzo 2023)
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