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L’immigrazione andrebbe affrontata nella sua complessità e non a “Politica & Pop Corn”

di Claudio Desirò (Segretario nazionale Italia Liberale Popolare)

Il fenomeno dell’immigrazione di massa, in arrivo verso l’Unione Europea, è un fenomeno epocale con il quale ci troviamo a confrontarci da molti anni e che, secondo le stime internazionali, andrà ad aggravarsi nel medio termine. Un fenomeno di tale portata andrebbe affrontato nella sua complessità e non, come la politica contemporanea ci ha ormai abituato, attraverso soluzioni semplicistiche e semplificate, atte ad ottenere una crescita di consenso, ma che non hanno reale impatto a risolvere o gestire il problema.

Si tratta di una tematica enorme e di così grande impatto e risvolti che un Paese, il nostro Paese, da solo non può affrontarla. Se da un lato la soluzione dei “porti chiusi” non fa altro che esacerbare una situazione esplosiva, creando ulteriori tensioni in campo diplomatico, nemmeno con lo slogan del “accogliamoli tutti” si può pensare di risolvere un problema che arriva da lontano, soprattutto se l’accoglienza diventa business sulla pelle degli immigrati stessi, come avvenuto in questi anni.

Il salvataggio delle vite in mare è un dovere civile e morale, così come si dovrebbe avere il dovere di assicurare dignità a quelle stesse vite salvate, attraverso percorsi di inclusione da attuare in tutti gli Stati membri dell’UE, essendo questo un costo economico e sociale che non può sobbarcarsi un solo Paese a scapito della propria comunità.

Purtroppo, la politica italiana ha trasformato l’immigrazione da problema da gestire a bandiera demagogica da cavalcare, a destra come a sinistra, con slogan da dare in pasto alle rispettive basi, ma senza concretezza risolutiva.

Il nostro Paese deve pretendere che gli altri Stati si assumano le proprie responsabilità, ad oggi svicolate grazie ad accordi precisi sui doveri dei Paesi di primo ingresso, ma molto fumosi sui doveri che gli altri Paesi dovrebbero assumersi nel campo della ridistribuzione.

Prendere lezioni morali sull’accoglienza da Paesi che di accoglienza parlano, senza attuarla nei fatti, lascia interdetti. Partendo dalla Norvegia che qualche giorno fa si affrettò a sottolineare che non avrebbe accettato immigrati, passando dalla socialdemocratica Danimarca che progetta il trasferimento dei propri immigrati in Ruanda, fino alla Francia che attua respingimenti a manganellate ai confini di Ventimiglia o nell’alta Valle di Susa, nessun Paese membro dell’UE sembrerebbe potersi permettere un atteggiamento di superiorità morale rispetto a noi.

Per questo la nostra classe dirigente, invece di dividersi al solito nelle diverse fazioni per portare avanti il rispettivo ruolo da recitare, dovrebbe assumersi la responsabilità di andare in ambito internazionale facendo fronte comune affinché i nostri alleati europei finalmente siglino accordi di ripartizione e li rispettino, assumendosi la propria parte di responsabilità nella gestione del fenomeno.

Ma non solo la politica italiana dovrebbe presentarsi compatta a questo tavolo, ma i Paesi membri dell’UE, superando gli interessi di parte, dovrebbero fare fronte comune per stipulare accordi con i Paesi di transito e di origine. Perché l’immigrazione non può essere affrontata unicamente al suo arrivo, attraverso respingimenti o accoglienza indiscriminata, ma deve essere gestita laddove il fenomeno nasce e dove transita. Paesi di partenza, tra l’altro, in cui gli Stati Europei hanno storicamente portato avanti le proprie politiche di conquista e Paesi di transito, come la Libia, destabilizzati da ingerenze esterne, come quella francese di qualche anno fa.

Si tratta di un problema Europeo ed è l’Europa che dovrebbe affrontarlo, in modo pragmatico ed unitario, sui diversi fronti e non attraverso prove di forza portate avanti sulla pelle di disperati che per cercare una vita migliore affrontano viaggi infernali mettendo a rischio la propria vita.

 

(11 novembre 2022)

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