di Vittorio Lussana
Quel che stranisce veramente di questa moda populista e sovranista è che molto spesso essa si affidi, politicamente, alla categoria dei ricchi scemi come Donald Trump. Non si capisce questo bisogno di auto-identificazione: sembra quasi una carenza psicologica. Il ricco matto non è una figura di capitalista affidabile: il più delle volte è un figlio di papà o un cafone arricchito. In termini marxiani non è neanche un borghese, bensì un piccolo borghese che deve assolutamente ostentare la propria ricchezza per puro narcisismo.
Poniamo anche il caso che questa ricerca dell’uomo-forte sia fondata: si chiedono decisioni rapide, schiettamente aziendaliste. Nulla che c’entri realmente con quell’everyman che, poverino, si sente tutto solo e abbandonato poiché rincorso solamente dalle cartelle dell’Agenzia delle Entrate. Bene: al socialismo burocratico si sostituisce l’aziendalismo gerarchico, che ovviamente persegue soprattutto i propri interessi, tagliando fuori, oltre alla propria concorrenza politica, anche un bel pezzo di popolo. Spesso, proprio quello composto dagli “uomini della strada”, come li definiscono gli americani.
Cosa abbiamo risolto, in termini di obiettivi politici sostanziali? Molto poco, in realtà. Perché il capitalista al potere, spesso è volentieri si circonda di yesmen, non di una squadra professionalmente all’altezza delle sfide poste in essere da una società tecnologicamente avanzata. Al contrario, anche in termini strettamente liberali, quel che emerge è un tratto di forte insensibilità sociale, come se ogni politica rivolta al bene comune, anche di tipo prettamente gruppuscolare, fosse automaticamente sinonimo di socialismo scientifico.
Esattamente ciò che ha dichiarato pochi giorni fa, nell’aula parlamentare di Strasburgo, l’eurodeputato di Fratelli d’Italia, Nicola Procaccini, che ha parlato di “palude socialista”. Uno spettro ottocentesco, evocato da un clerico-fascista totalmente privo di coscienza storica, proveniente da una militanza di socialismo rivoluzionario puramente ribellista.
A parte il fatto che in Europa governano, da più di un ventennio, i popolari, i quali in diverse fasi si sono ridicolmente avvitati attorno a un concetto di “austerity” assai mal calcolato, il contesto evocato dall’eurodeputato pontino – la “palude socialista”– è apparsa come una sorta di terrore psicologico: una frase totalmente onirica, poiché è proprio sul versante sociale che la Ue non riesce a incidere, né a convincere nessuno.
Manca, in verità, ogni genere e tipo di sensibilità proprio nei confronti di quel popolo di cui ci si riempie la bocca. Persino in una chiave di socialismo mussoliniano, rispolverato per l’occasione. Quella di Procaccini è una frase da provinciale scaraventato in una sacca malarica – è lui il frequentatore di “paludi”, in realtà – poiché persino la borghesia rurale dell’Italia settentrionale, in termini di servizi territoriali, è molto più efficiente e possiede un maggior numero soluzioni. Anche e soprattutto nell’alveo di un conservatorismo d’ispirazione cattolico-popolare.
Siccome vanno di moda gli slogan a effetto, si finisce col “gettare l’acqua sporca con tutto il bambino”. Senza comprendere che un vero pensiero critico non può basarsi su soluzioni inattuali, nemmeno indicando un nemico all’orizzonte per scaricargli addosso responsabilità che nemmeno possiede. E’ mera improvvisazione questa, espressa anche in toni alquanto screanzati ed estemporanei.
La verità è che Fratelli d’Italia, pur essendo una formazione guidata da due ragazze di tutto rispetto, abbandonate dal padre sin dall’infanzia e dunque abituate ad affrontare il mondo da sole, ha pienamente dimostrato di non avere una classe dirigente degna di questo nome. Lega e Forza Italia, sotto questo profilo, sono messe assai meglio: la prima soprattutto a livello locale; la seconda, sul piano nazionale ed europeo.
Comunque, in tempi di dazi, cazzi e mazzi, da queste parti si pretende di più, molto di più, in favore dei cittadini: non si può continuare a dimenticare interi pezzi di popolo e di società. Neanche da parte di un ceto demagogico e populista, che rischia solamente di manifestare la più totale mancanza di soluzioni ai problemi che incombono. L’unica forma di conservatorismo possibile, giunti a questo punto, sarebbe proprio quella di ispirazione liberal-cattolica o laico-popolare.
Su questo punto, Carlo Calenda avrebbe persino qualche ragione, se anch’egli non si concentrasse unicamente a indicare nemici da “cancellare”. Perché il populismo di sinistra è destinato a sciogliersi da solo, quando certe fasi emergenziali risultano superate e si è, in qualche modo, fornita una parziale risposta al Paese. Invece, qui si continua con questa mentalità da italioti ormai invecchiati e ammuffiti, dunque in via d’estinzione.
Che verranno ben presto travolti, in un modo o nell’altro.
(4 aprile 2025)
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