di Vittorio Lussana
Come abbiamo già cercato di spiegare nel Giustappunto! della settimana scorsa, lo stato di emergenza umanitaria, dichiarata dal Governo fino al 31 dicembre 2022, non è una dichiarazione di guerra, con relativo passaggio in automatico allo stato di emergenza bellica. Invece, l’emergenza sanitaria, derivante dalla pandemia da Covid 19, terminerà il 31 marzo 2022, come stabilito: cosa ci vuole a capirlo?
L’emergenza umanitaria serve per attivare la Protezione civile, al fine di inviare forze, mezzi e aiuti all’Ucraina, per costruire ospedali da campo, per aiutare i profughi in fuga e cose del genere. Non c’entra niente con lo stato di guerra e non ci sarà restrizione alcuna per gli italiani. Lo stato di guerra si dichiara solo in caso di coinvolgimento diretto in un conflitto bellico. Confondere l’emergenza umanitaria con quella bellica è l’ennesima fake news: lo abbiamo spiegato in tutti i modi, ma come al solito emergono i soliti complottismi da azzeccagarbugli. Si tratta di un provvedimento, quello dell’emergenza umanitaria, revocabile in qualsiasi momento. E non impedisce alcunché: se il Governo cadesse prima del tempo, si andrebbe comunque a votare. Punto.
Noi lo ribadiamo: una società moderna, civile e democratica, si basa sulla norma di legge. Trascendere da essa significa prendere le mosse da presupposti ideologici o religiosi, rispondendo a norme di filosofia morale che possono anche sovrapporsi, in alcuni casi, alla legge, ma non è detto che ciò avvenga in automatico. Lo Stato è laico, dunque non confessionale, né tantomeno assoluto come nelle monarchie risalenti all’ancient regime pre-rivoluzione francese. Cercare di individuare soluzioni di continuità tra l’emergenza sanitaria e quella umanitaria, oppure distorcere quest’ultima al fine di provare una condizione di coinvolgimento bellico sostanziale e non dichiarato, significa porsi su un piano di mero opportunismo. Si afferma, cioè, una tesi solamente per questioni di autoreferenzialità, o come mero pretesto per apparire su qualche rivista o giornale.
Per stabilire uno stato di emergenza bellica vera e propria, bisognerebbe essere attaccati direttamente per mezzo di bombardamenti aerei o balistici, oppure tramite una vera e propria invasione militare sul nostro territorio. Per far scattare lo stato di guerra, insomma, servirebbe una condizione di allarme rosso, secondo una gradazione che va dal bianco, al giallo, fino all’arancione. Da un punto di vista militare, in questo momento l’Italia è in una condizione di pre-allarme. Ovvero, siamo ancora fermi all’allarme giallo. Solo il passaggio all’arancione prefigurerebbe una condizione di allarme, poiché anche se non ancora attaccati sul nostro territorio metropolitano, lo Stato potrebbe ipotizzarlo come eventualità per via di eventi o minacce provenienti da Stati stranieri. Cosa che, sino a ora, non è accaduta, dato che il conflitto ucraino non si è ancora allargato a Paesi terzi, facenti parte dell’alleanza atlantica o dell’Unione europea.
Insomma, solo nel caso in cui la Russia attaccasse le Repubbliche baltiche, oppure la Svezia o la Finlandia, potrebbe verificarsi l’ipotesi di un’emergenza bellica dell’Unione europea. La qual cosa, per l’Italia, potrebbe tradursi con il passaggio a una condizione di allarme arancione, ma non ancora rosso.
Per passare allo stato di emergenza bellica vera e propria è necessario un coinvolgimento diretto nel conflitto. Evento che potrebbe verificarsi solamente con l’attacco a un Paese della Nato, poiché solo il Trattato del Nord Atlantico ci vincola a intervenire direttamente in un conflitto se uno dei Paesi membri risultasse attaccato. Ma anche in quest’ultimo caso, si renderebbe comunque necessario un ulteriore passaggio parlamentare, poiché spetta al parlamento ratificare lo stato di guerra o di emergenza bellica vera e propria. Continuare a confondere le carte comprova solamente una piattezza logica e anche mentale da codice binario, tipico di chi proprio non riesce ad andare oltre la geometria piana come, per esempio, l’area del rettangolo. Professare tesi del genere, senza minimamente riuscire a concepire altri sistemi di pensiero posizionati su più livelli significa non rendersi conto di essere rimasti ancorati a forme di autoritarismo, confessionale o militare, obsolete e superate. Il condizionamento confessionale è una forma di fatalismo assertivo di discendenza medievale; quello autoritario, invece, è di matrice ottocentesca e ideologica.
Insomma, basterebbe inserire altri elementi, come per esempio il volume del cubo, l’insiemistica o le stesse funzioni algebriche, per accorgersi, finalmente, di essere approdati nell’epoca della terza dimensione e della televisione a colori. E di non essere rimasti fermi alla V elementare, nonostante le lauree sventolate ai quattro venti come le medagliette di Rino Gaetano. Il quale, durante la sua esibizione al Festival di Sanremo del 1978, ironicamente ve le tirò dietro, cari italianucci dei miei stivali. E fece benissimo, perché non ci sarebbe altro modo per far comprendere a certa gente il divario culturale di certe culture statiche, rimaste ferme ai tempi in cui Berta filava, tanto per citare nuovamente il poeta.
Staccare dai muri i vostri diplomi di Laurea per darveli in testa con tutta la cornice, neanche basterebbe a chiarire il classismo opportunista e autoreferenziale della mentalità italiana media. Giunta addirittura – e non si sa bene come – nell’epoca del web, dell’intelligenza artificiale e della realtà virtuale.
(3 marzo 2022)
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