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Quando dissero a D’Alema: “Cambiare il Titolo V creerà conflitti istituzionali”, ma lui è D’Alema

di Giancarlo Grassi

Quando dissero a Massimo D’Alema che cambiare il Titolo V della Costituzione avrebbe creato conflitti istituzionali lui si schernì, perché D’Alema ha un’altissima opinione di quello che decide Massimo D’Alema. Fu diversi anni più tardi quella sciagurata decisione che proprio D’Alema dovette giustificarsi e lo fece alla maniera di D’Alema: “Non fui io a cambiare il titolo V della Costituzione”.

C’erano ai tempi diverse forze che si muovevano che pareva dovessero andare nella direzione di un nuovo compromesso storico [sic] del quale i quotidiani erano entusiasti; si vendevano i movimenti politici superficiali, ma non quelli sommersi, come una nuova, ennesima e salvifica soluzione ai problemi dell’Italia tutta presente e futura. Io faccio la riforma del Titolo V della Costituzione, ti concedo qualcosa, poi ci troveremo d’accordo in Bicamerale e vedremo di fare il giochino del Mediaset a te e la Rai a me. Perché D’Alema è un grande.

Ma Berlusconi non gli fu da meno, dal punto di vista dell’essere grande che è proprio di D’Alema, e gli fece saltare i giochi.

Di quella stagione politica non rimangono solo D’Alema e Berlusconi, più un sacco di disastri, un’Italietta sempre più incolta e sempre meno dalemiana – e come potrebbe essere altrimenti – e quella sciagurata modifica alla Costituzione. Resta anche che il giochino del Mediaset a te e la Rai a me non riuscì. Berlusconi fece saltare la Bicamerale e la Rai divenne un feudo della destra, con Mediaset sempre più a destra che nel corso degli anni si comprò tutti i network radiofonici nazionali possibili nel silenzio tombale della politica. Anche grazie a quelle corazzate televisive siamo oggi al meno male che i barconi affondano, e alle sciagurate dichiarazioni salviniane.

Di quella stagione della sciagurata revisione del Titolo V della Costituzione restano in piedi i conflitti che viviamo oggi in tempi di Coronavirus che fanno litigare il presidente del Consiglio con i governatori. Il popolino tirato su a Mediaset, giornalacci e notizie pilotate – assai prima che le chiamassimo fake news e ci scoprissimo al Medio Evo tecnologico pensando di essere al bar a fare battute cretine a causa delle quali ci ritroviamo in Tribunale – si incazza e dice che non sanno fare niente e che in questo paese non si capisce un cazzo, e certo ragione hanno. Ma il punto è che in questo paese si cambia la Costituzione a cazzo (così che se fossi in voi rifletterei se votare la scandalosa e propagandistica riforma del numero dei parlamentari che lascia senza rappresentanza mezza Italia, e sono quasi certo che l’aboliranno) e gli effetti si vedono a vent’anni di distanza.

Con chi ha voluto, proposto, votato i cambi che poi racconta di non averli fatti, perché la storia va sempre riscritta. E non importa in che modo.

Così che auspichiamo una nuova generazione di elettori che  ritorni a compiere un atto semplicissimo: informarsi prima di votare. Tradizione nobilissima che nulla ha a che vedere con il leggere superficialmente e poi incazzarsi col primo che passa.

 

(28 febbraio 2020)

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