di Giancarlo Grassi, #Interessa
Guerra aperta in terra leghista dopo che a Giorgetti sono saltati i nervi per via dell’abbraccio di Salvini a Bolsonaro che rischia di rendere troppo attuale l’antico dimmi come vai e ti dirò chi sei e che ha fatto sbottare il vicesegretario: “Salvini decida sulla collocazione europea”, perché è vero che non si può essere europeisti e ambientalisti se si abbraccia Bolsonaro, si stringono accordi con Marine Le Pen e si strizza l’occhio a Orbán e alla Polonia.
In realtà Salvini sa benissimo qual è la sua collocazione europea: Salvini sta con Salvini tanto in Europa quanto in Italia e fa quello che gli pare utile al suo disegno politico, al disegno politico di Salvini e dei salviniani, non a quello della Lega di governo. Disgraziatamente è Giorgetti a dover dimostrare di essere contro le politiche ondivaghe del suo segretario, dimostrandolo senza se e senza ma, e non solo con dichiarazioni che cambiano un giorno sì e l’altro pure e che vengono estrapolate fuori contesto, da quei macellai dei giornalisti indipendenti e non schierati.
Ma Salvini non ci pensa due volte e convoca il consiglio federale leghista, perché se Giorgetti mostra i muscoli Salvini mostra i muscoletti: i muscoletti di un partito che dal 33% di intenzioni di voto è crollato al 17% (al risultato del 2018) e che nel frattempo sotto la guida illuminata del segretario che corre da tutte le parti pur di dire al mondo io esisto, ha perso tutte le elezioni, le ultime poche settimane fa con Milano, Roma (una débacle alla Ridolini) e Torino come esempi eclatanti del fallimento politico salviniano.
Molta stampa, troppa stampa oseremmo dire, si sofferma sull’ipotesi scissione nella Lega, ma per Salvini il problema non è la scissione: il problema è la poltrona che rischia di esplodere sotto quelle terga che l’augusto segretario prometteva di nettarsi con la bandiera italiana quando non solo era antieuropeista, ma anche solo e finemente padano e contro i négher.
Nel frattempo Zaia tace: e non è un bel segno quando un veneto tace. Chiedetelo ai veneti.
E mentre il magma si muove, noi popolo bue assisteremo all’ennesimo scontro tra lillipuziani della politica, venduto come scontro tra titani: mentre il mondo cambia loro pensano alla poltroncina di oggi e non all’esplosione di domani. Così questo paese si è fatto prendere per il culo dal 1994 in poi e adesso scende in piazza come se fosse colpa degli altri.
(3 novembre 2021)
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