di Daniele Santi
La discesa in campo di Massimo D’Alema contro il Referendum Costituzionale è quasi una garanzia di vittoria del “Sì”. L’uomo che è il più detestato uomo politico della storia della Repubblica inviso ad avversari e compagni di partito, a parte i noti potentati che governa, riuscirà nella straordinaria impresa di portare alle urne molte più persone per il “Sì” che quante, nella sua testa, possa convertirne al “No”.
Verrebbe da consigliare al buon D’Alema, che nonostante l’intlligenza e la statura politica di pessimi consigli non ha bisogno perché fa da solo, di imbarcare nell’avventura giovini virgulti della politica come Ciriaco De Mita, che potrebbero dargli una mano contribuendo all’idea di “svecchiamento” della quale D’Alema è alfiere. O farsi sostenere dal buon Occhetto perché un vecchio avversario può sempre essere un ottimo alleato, soprattutto quando si condivide una straordinaria attitudine al fallimento politico. Di ANPI abbiam parlato in altra sede, così come delle pulsioni anti-Renzi dell’ex premier che, in tempi di elezioni romane, aveva dichiarato e poi smentito – sbugiardato da Repubblica – che avrebbe votato Virginia Raggi ed invitato altri a fare altrettanto, pur di mandare a casa Renzi. D’Alema scende in campo per far cadere Renzi, per far fallire il Referendum Costituzionale e bloccare l’Italia al 1994, scende in campo per tornare protagonista, ma non si sognerebbe di andare ad elezioni anticipate, perchè sa che le perderebbe. D’Alema e tutta la sua corrente che da dalemiana è diventata bersaniana e poi cuperliana e poi speranziana, ma comanda sempre il leader Massimo, sono un accozzaglia di perdenti senza futuro, ma con un sacco di storia da perdenti alle spalle. Che è sempre meglio di niente.
Contemporaneamente all’annuncio del 5 settembre dalemiano, con tutti i serventi al seguito e tutte le destre in assetto di guerra, quella del buon Massimo D’Alema in primis, quel mattacchione di Matteo Renzi ha dichiarato al Caffè della Versiliana, che “Si vota nel 2018 comunque vada il referendum”. Il Fatto Quotidiano nel commentare la notizia secondo le sue fantasiose modalità, non si preoccupa nemmeno di evitare di dare a vedere che per lui il presidente del Consiglio è già morto. Davvero è preoccupante vedere tutti questi sedicenti progressisti pronti all’alzata dei ponti levatoi non appena riforme davvero profonde e decisive appaiono all’orizzonte.
(21 agosto 2016)
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