di Rosario Coco #Omofobia twitter@gaiaitaliacom #Cattofascisti
Esistono già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio”.
Lo ha detto la CEI in merito alla legge contro l’omo-lesbo-bi-transfobia, che si appresta ad essere discussa alla Camera a luglio dopo l’attesa presentazione del testo base prevista per la prossima settimana.
Potremmo anche dire ai Vescovi “fatevi i fatti vostri”. Ma prendiamoci pure la briga di commentare. L’affermazione è semplicemente falsa. Prevenire un “reato persecutorio” significa prevenire un reato d’odio. Un reato d’odio è un’azione discriminatoria e violenta, fisica o verbale, o l’incitazione a commetterla, in cui la persona viene colpita in base al gruppo sociale a cui appartiene o si ritiene appartenga.
Questa normativa, conosciuta in Italia come legge Mancino a recepita di recente anche dal codice penale, esiste già per il razzismo, la religione e la nazionalità. Ma non per l’orientamento sessuale e l’identità di genere.
In breve: l’aggressione al grido “brutto nero” in Italia è punibile con l’aggravante speciale prevista dalla legge. Quella al grido “bruto fr***o” no. Però i casi di cronaca aumentano. uno ogni tre giorni.
E’ evidente che la portata di un tale provvedimento è prima di tutto culturale: poter dire che l’omofobia è punita come il razzismo aprirà la strada alla possibilità di denunciare e a molteplici azioni di sensibilizzazione nei territori, in particolare nelle Scuole e nelle pubbliche amministrazioni.
Va ricordato, infatti, che l’omofobia agita è solo la punta dell’iceberg e che i testi di legge in esame, oltre alla loro parte penale, mettono in campo strumenti di tutela delle persone colpite, di monitoraggio del fenomeno e di potenziamento di istituzioni come UNAR.
La verità è che è una legge su cui arriviamo in enorme ritardo, un dispositivo che in Europa manca solo a Bulgaria, Lettonia e Repubblica Ceca. Una legge da rendere viva ogni giorno e sulla quale costruire, affinchè non rimanga tutto sulla carta. Un mio caro amico rifugiato politico proveniente dal centro America ha scoperto di recente che in Italia i crimini d’odio contro le persone LGBTI non sono ancora puniti. “Ma fate le cose al contrario?” ha detto. “Prima li fate unire civilmente e poi li fate menare senza avere una legge che li tuteli e favorisca le denunce?”.
Ebbene si, il surrealismo italico è proprio questo ed è ancora più increbile visto da fuori.
Ultimi appunti da tenere a mente nel dibattito che si scatenerà nelle prossime settimane: violenza e discriminazione sono estranei alla libertà di espressione garantita dall’articolo 21 della Costituzione, quindi è inutile parlare di “legge bavaglio” o cose simili. La legge non interessa nemmeno la parte sulla propaganda, che rimane solo quella di stampo razziale (in riferimento alla Convenzione di New York del 1965).
Infine uno scoop: la legge non è solo per le persone LGBTI, perché nei gruppi sociali indentificati da chi commette i reati d’odio può finirci chiunque. E’ di ieri la notizia di Lodo Guenzi, de “Lo Stato Sociale”, che ha dichiarato di essere stato bullizzato da piccolo per la sua presunta omosessualità.
Detto in altre parole: la legge è contro il pregiudizio omo-lesbo-bi-transfobico, quel pregiudizio che genera la discriminazione per orientamento sessuale e identità di genere e che può colpire anche il coinquilino etero del ragazzo gay al quale qualcuno può dire: “che schifo diventi frocio pure tu”.
Tutto questo senza dire qualcosa che dovrebbe già di per sé essere sufficiente: una legge che tutela la libertà dell’altro è una legge che tutela anche la mia libertà.
(11 giugno 2020)
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