di Paolo M. Minciotti
Il presidente ugandese Museveni ha dichiarato che l’antica legge coloniale di matrice britannica contro l’omosessualità “è sufficente” e quindi non ci sarà nessun nuovo antigay-bill. Questo non significa che gli intolleranti politici ugandesi al soldo dell’estrema destra religiosa statunitense non ci proveranno in tutti i modi ad apparovarla di nuovo.
Ricorderanno i nostri lettori che la legge che introduceva la pena di morte per chi commetteva atti omosessuali è stata dichiarata inammissibile della Corte Costituzionale del paese perché al momento della votazione alla Camera mancava il numero legale, particolare ignorato dalla presidente dell’organo legislativo ugandese, accecata dal suo odio antigay (è lo stesso genio che ha denunciato i computer perché contengono messaggi che inducono all’omosessualità). Dopo l’annullamento della legge numerosi politici del paese, furiosi, avevano dichiarato che sarebbe stata restaurata “in meno di tre giorni”. Senza risultato. La giudice che aveva annullato la legge è stata minacciata di morte. E lo stesso presidente Museveni si è profuso in spericolate dichiarazioni in stile Putin secondo le quali le leggi antigay non sono antigay, ma tutelano le minoranze dal “propagarsi” dell’omosessualità.
Ora, prima che a qualcuno venga in mente di gioire, è bene ricordare che in Uganda continua ad essere in vigore la legge coloniale che punisce uomini e donne, consenzienti ed in età adulta, che abbiano relazioni omosessuali, con quattordici anni di carcere e i lavori forzati.
(17 settembre 2015)
©gaiaitalia.com 2015 – diritti riservati, riproduzione vietata
Iscrivetevi alla nostra newsletter (saremo molto rispettosi, non più di due invii al mese)