di Marco Biondi
Che l’Europa stia attraversando uno dei peggiori momenti della sua storia, non credo serva dirlo. Bene o male, qualunque europeo dotato di un seppur minimo livello di intelligenza e che abbia qualsiasi tipo di accesso all’informazione – persino Facebook potrebbe bastare – capisce che il nuovo approccio adottato da Trump, ha rimesso in discussione l’equilibrio mondiale della sicurezza.
Basta sapere che Putin ha mostrato al mondo qual è la sua forza militare di aggressione invadendo l’Ucraina due anni e mezzo fa e che Trump ha, da poco, rimesso in discussione il ruolo degli Stati Uniti decidendo che l’Europa, se vuole, si deve difendere da sola. Dopo questi due fatti, il nostro continente si è trovato, nel giro di pochi mesi, scoperto, improvvisamente fragile, potenzialmente aggredibile da un vicino di casa, la Russia, così potente, famelica e antidemocratica. D’altra parte, dalla caduta del muro di Berlino, i paesi europei hanno, giustamente, allentato le proprie difese militari, pensando che non fosse più necessario proteggersi come storicamente fatto dai tempi della Seconda guerra mondiale.
Oggi tutto è cambiato. Credo che nessuno possa contestarlo.
Per concentrarmi sulla nuova situazione, propongo di commentare la differenza di atteggiamento che la politica, in Europa sta dimostrando.
Perché non possiamo non notare atteggiamenti diversi a seconda del posizionamento politico: chi, tradizionalmente, si dimostra vicino alle politiche russe, fa oggettivamente fatica a smarcarsi e a prendere una posizione nei confronti della guerra in corso. L’Ungheria di Orbán ne è l’esempio più lampante.
E non solo lei, basta guardare nel cortiletto di casa nostra e leggere le dichiarazioni dell’ineffabile Salvini, che farebbe qualsiasi cosa per non scontentare Putin e Trump. Inevitabile ripensare alle sue foto sulla piazza Rossa con la T-shirt raffigurante Putin, o a quello scandalo, accuratamente insabbiato – tanto che ormai nessuno ne parla più – del tentativo di corruzione milionario a persone vicine a Salvini nel famoso Grand Hotel moscovita. Ma questo è un altro discorso.
Resta il fatto che, persino da noi – uno dei Paesi fondatori della Comunità Europea – ci si trova in maggioranza un Salvini putinian/trumpiano e una Meloni trumpiana, con Forza Italia a fare da vaso di coccio dato il poco peso e la scarsa reputazione di cui gode nella maggioranza. Pensa te, magari ci fosse ancora Berlusconi, la storia sarebbe diversa. Incredibile come si possa rimpiangere uno così!
In questo scenario, di fronte all’evidente emergenza di ripristinare una forza di difesa adeguata a proteggere i confini della Comunità Europea, ecco affiorare i tanti distinguo, quelli dei pacifisti col deretano degli altri. E allora giù a dire che non ha senso aumentare il budget delle spese militari, a parlare di corsa al riarmo, e pensare di mandare soldati al fronte. Ecco, io vorrei cercare di riordinare le idee.
Prima di tutto, inviterei a parlare di difesa. Una cosa è la difesa, un’altra sono le armi. La difesa è fatta di sistemi tecnologici, satellitari, di intelligence. Ci si difende prima con l’intelligence e poi con le armi. Poi la difesa parte da un lavoro di relazioni internazionali, di mediazioni, di comunicazione. Parte essenziale della difesa è certamente il far sapere al mondo intero che i confini europei sono protetti e difesi da un intero continente. E che questo continente è partner essenziale della NATO. Che poi ci sia un presidente pro-tempore degli USA che non gradisce l’idea di dover mettere più soldi perché qualche partner ne ha messi di meno, credo sia il minore dei mali. Se tutti insieme decidiamo che è necessario stanziare una certa percentuale del PIL per la difesa comune, allora bisogna metterceli. E tocca a noi, singoli stati, discutere all’interno della Comunità chi è sotto, come può arrivarci. Ma se noi, Italia, siamo all’1,5% e altri sono al 3% abbiamo poche speranze di poter fare la voce grossa.
In conclusione, resto infastidito, deluso, demoralizzato, di fronte alle manifestazioni – l’ultima ieri davanti alla sede della Commissione Europea – di quelli come i 5Stelle, che proclamandosi pacifisti e contro la guerra, annunciano il loro voto contrario alla risoluzione che prevede maggiori stanziamenti per la difesa europea. Senza soldi, senza armi, resteremmo in balia di chi ha già dimostrato di voler espandere il proprio potere e il proprio dominio. È così difficile da capire? Né si può pensare, all’interno di una comunità, che Paesi più vicini al confine russo possano essere lasciati da soli nella protezione delle proprie frontiere. Il bello è che la posizione dei pentastellati è condivisa da verdi e sinistra e, pensa un po’, sempre dallo stesso Salvini. Persino il PD ha divisioni al proprio interno e, se va bene, forse si asterrà.
Siamo in emergenza, le cose da fare, le dobbiamo fare subito, perché per costruire una difesa comune efficiente, occorreranno anni. Discutiamo sui termini, mettiamo le parole giuste (difesa e non solo armi), preoccupiamoci di essere organizzati e avere le persone giuste al posto giusto per garantire che i soldi che ci saranno siano spesi bene e in maniera proficua, ma smettiamola di fare campagna elettorale su temi così essenziali e vitali per il futuro nostro e dei nostri figli.
Perché la ricerca di consenso non diventi un boomerang. Chi ha a cuore il nostro futuro, lo dimostri, con fatti concreti, e si assuma la responsabilità delle proprie scelte. Perché se un domani dovessimo perdere la nostra libertà e la nostra indipendenza, il fatto di sapere che il tutto possa essere dipeso da scelte idiote e meschine non sarebbe di certo di aiuto a nessuno.
(12 marzo 2025)
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