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HomeIo la penso cosìSciopero. Diritto e rovescio

Sciopero. Diritto e rovescio

di Marco Biondi

Jennik Sinner non c’entra nulla. Lui non sta facendo sciopero, per fortuna, e il dritto e il rovescio lo sta usando alla grande. Ma molti altri hanno scioperato e si sono stranamente incrociati i diritti e le conseguenze negative, che con licenza chiamo rovesci.

Metto subito in chiaro un concetto: si parla, a sproposito, di rivedere le norme che regolano il diritto di sciopero. Che non si azzardino i signori al potere, altrimenti succederebbe davvero il finimondo. Non è di questo che voglio parlare. Quello che vorrei commentare oggi invece è come si fa sciopero e perché. Mi sembra un tema di attualità. Se prendiamo la classe lavoratrice, i problemi da affrontare sono molteplici e, secondo me, tutti piuttosto seri. Facendo un breve e non esaustivo elenco, abbiamo i salari bloccati che non stanno tenendo conto dell’inflazione e quindi generano una perdita costante di potere di acquisto, abbiamo forme contrattuali farlocche che consentono di sottopagare i lavoratori e di sottoporli nuovamente al quel cottimo che pensavamo di aver sconfitto negli anni cinquanta del secolo scorso, abbiamo un numero di morti sul lavoro da far accapponare la pelle e, più in generale, un tema di sicurezza sul lavoro.

Abbiamo poi un tema di transizione ecologica ahimè abbandonato da oltre un anno e mezzo dopo la barbara invasione russa dell’Ucraina, tema che coinvolge, tra l’altro, non solo l’alimentazione degli impianti e il riscaldamento, ma anche il trasporto pubblico. Insomma da discutere ne avremmo, eccome.

Potrebbero essere temi da sciopero generale? Forse, a condizione che fossero affrontati con serietà, con proposte concrete, con volontà di trovare delle soluzioni condivise.

Ho invece la sgradevole sensazione, e spero di sbagliarmi, che gli scioperi continuino ad essere ben altro, slegati da temi concreti.

Partiamo dal principio per il quale viene convocato uno sciopero: si crea danno al datore di lavoro per ottenere quello che si ritiene sia dovuto. E per creare danno, si paga, di tasca propria, con la trattenuta dello stipendio. Se si volesse davvero affrontare il tema, lo si farebbe a livello di categoria in coincidenza con le trattative per il rinnovo del Contratto Collettivo di lavoro. Vi risulta qualcosa del genere avvenuto di recente? A me sembra di no, almeno a un certo livello. Quindi, per deduzione, si potrebbe sostenere che le organizzazioni sindacali non ravvedono condizioni per avviare una contrattazione? E l’adeguamento al costo della vita? E i contratti farsa? Non se ne parla. E i dubbi crescono.

Andiamo allora al settore pubblico. Lo sciopero serve per creare dei disagi dei quali gli amministratori pubblici dovrebbero poi rispondere. Avviene nei trasporti, avviene nella scuola, nella sanità, ecc. ecc.

Inutile puntualizzare che i disagi ricadono sui cittadini, principalmente sui lavoratori. Se un imprenditore ha fissato la sua visita specialistica nella famosa clinica privata, non gli salterà di sicuro a causa dello sciopero. Se l’operaio (ancora ne abbiamo?) o l’impiegato aveva fissato mesi e mesi addietro una visita tramite la Asl, e questa gli salta per lo sciopero costringendolo a mettersi nuovamente in coda e aspettare altri mesi e mesi o anni (abbiamo visto l’appuntamento per quella visita che la ASL ha fissato per il 2027 no?), possiamo dedurre che il danno è enorme? Insomma disagi tanti, ma benefici in prospettiva, nessuno. Questo argomento potrebbe, da solo, essere motivo per uno sciopero generale? Direi di si.

Ma dovrebbe essere uno sciopero indetto con proposte alternative: ad esempio, se serve stanziare dei miliardi per accorciare le liste di attesa, lo si potrebbe fare attraverso il MES sanitario, piuttosto che togliendo fondi alle spese militari o altro? Questa potrebbe essere la proposta. Qualcuno ha traccia di qualcosa del genere? A me sembra di no.

Se parliamo di scuola poi, avere le scuole chiuse, significa per molte famiglie essere costrette a stare a casa dal lavoro per accudire i propri bambini. Per chi si può permettere la baby sitter il problema non sussiste, ma chi non ha nonni a disposizione, non ha alternative. E con quali argomentazioni si genera questo disagio? Posso definirle estremamente vaghe? E, dopo lo sciopero, ci possiamo aspettare di ottenere qualcosa che migliori le nostre vite? Dubbi infiniti.

Venendo al trasporto pubblico, ci sarebbe molto da dire. Anche qui l’effetto è principalmente la difficoltà o l’impossibilità di raggiungere il posto di lavoro. Il famoso impiegato non ci arriverà certamente in taxi e, se ha l’auto, dovrà risolvere il non facile ostacolo di trovare un parcheggio e, se lo trova, di pagarlo. L’amministratore pubblico non sembra dolersi più di tanto del disagio generato. Piuttosto, lo giustifica, dandone la colpa ai sindacati che hanno indetto lo sciopero. Chi ci guadagna? Sicuramente le aziende di trasporto che risparmiano i soldi trattenuti ai dipendenti che hanno fatto sciopero. E veniamo alla percezione che generano questi scioperi: causano danni e, guarda caso, avvengono spietatamente nella giornata più complicata, il venerdì. Sempre. Perché? Sorgono delle domande. Maliziose.

Non sarà che lo scopo principale di chi indice scioperi in queste condizioni sia quello di generare interesse nei propri confronti? In effetti, se si sciopera contro la manovra (che presumibilmente non c’entra con le rivendicazioni delle singole categorie) o contro il Governo, la sensazione che lo sciopero sia un pretesto, sinceramente viene. Il fatto poi che non riescano mai a convocare una manifestazione nel mezzo della settimana – magari un martedì o un giovedì, crepi l’avarizia – potrebbe alimentare la sgradevole sensazione che si faccia sciopero per allungare il week-end, non solo per avere una maggiore adesione.

Le rivendicazioni sindacali sono sacrosante, ma richiedono dei presupposti che io da un pezzo non vedo. Si sciopera e ci si sacrifica, trattenuta compresa, per ottenere dei benefici. Se non se ne vedono all’orizzonte, il rischio di cadere nell’operazione di marketing per mettere in mostra il sindacato o il sindacalista è oggettivamente percepibile. Allora perché non si torna alle origini? Si lavora sulle richieste, o rivendicazioni, si cercano di intavolare trattative, si propongono soluzioni e poi, se non c’è ascolto o volontà di trovare un accordo, si ricorre allo sciopero. Ma stando attenti alle ripercussioni che ci saranno sui lavoratori. Ricordo quanto potrebbero essere significative quelle forme di sciopero alternative, tipo non si fanno straordinari, ci si limita al rispetto pedissequo delle procedure e delle normative, si chiudono le mense, si termina il servizio di trasporto alle 17:00. Poca spesa tanta resa, dicevano i nonni. Soprattutto si deve fare di tutto per illustrare ai destinatari dei disagi, chiaramente quali sono le rivendicazioni e per che cosa si lotta. Così si faceva una volta e i risultati arrivavano. Oggi, forse, la classe dirigente sindacale vive troppo bene e si può permettere le baby sitter e i week end lunghi.

Se torniamo, ad esempio, al recente sciopero del 17 novembre, sono gli stessi organizzatori a parlare di sciopero politico. Ma può uno sciopero essere genericamente contro un Governo senza che allo sciopero siano state affiancate rivendicazioni chiare e condivise,  richieste specifiche che non vengono accolte? Può uno sciopero giustificarsi solo perché la linea del Governo non piace alle organizzazioni sindacali? Anche a me non piace, ma non per questo smetto di scrivere articoli. Danneggerei il mio editore che con le scelte del Governo non ha nulla a che vedere.

A noi vecchi, legati alle rivendicazioni sindacali degli anni settanta e ottanta, il dubbio che questo sciopero non abbia avuto nessun tipo di contenuto sindacale, ma sia stato solo a scopo politico, ci viene. Perdonateci se potete, ma noi vecchi siamo diffidenti, soprattutto se dotati ancora di buona memoria.

 

 

(18 novembre 2023)

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