di Giovanna Di Rosa
Per certa televisione il cui editore è erede diretto del Silvio redivivo, l’elezione del presidente della Repubblica è un fatto assolutamente irrilevante se non quando si parla della candidatura del Fondatore, definirla autocandidatura sarebbe più corretto, escludendo dai TG qualsiasi altra discussione politica che non riconduca all’elezioni dell’Autocandidato.
Persino il vicesegretario della Lega ha detto che l’uomo di Arcore sarà votato nelle prime votazioni, ma poi toccherà a qualcun altro, ma di questa cronaca così leghista a pochi importa, nelle corazzate berlusconiche: lui è il vincitore perché si è candidato e lui non può fallire. E se perde è perché non lo vogliono in quanto troppo bravo. E poco importa se tra i fedelissimi è rimasto solo Tajani a dare voce al megafono di Silvio al Quirinale, quel Silvio che avrà un gennaio pieno di tribunali ed udienze.
L’uomo di tutte le provvidenze che ha non solo fatto il suo tempo, ma anche cose irripetibili, per fortuna, è quindi pienamente calato nel ruolo del candidato al Quirinale così da ricostruire la storia per l’ennesima volta, non essendoci mai stato prima d’oggi, un candidato al Quirinale che si auto-sceglie in sfregio ad ogni consolidata prassi istituzionale che vuole il presidente eletto dai Grandi Elettori dopo un accordo che si spera amplissimo, e all’interno delle Istituzioni.
Berlusconi non solo decide di essere lui il prossimo presidente della Repubblica, e decide da solo con l’unica complicità del 4,2% dei seggi Meloni più qualche nuova entrata (i seggi sono quelli del 2018, non quelli presunti dai sondaggi), ma scatena le corazzate mediatiche a sostegno di ciò che sarebbe irricevibile in qualsiasi altro paese degno di chiamarsi Repubblica e nella pressoché totale indifferenza degli avversari e di chi al Quirinale non lo vuole, che dovrebbero farsi sentire almeno quanto lui.
(8 gennaio 2022)
©gaiaitalia.com 2022 – diritti riservati, riproduzione vietata