di Vittorio Lussana twitter@vittoriolussana
L’ondata di caldo ‘sahariano’ prevista in questi giorni e alcuni primi episodi già verificatisi in Sardegna rendono opportuno richiamare l’attenzione nei riguardi di un problema che, in Italia, ha assunto le dimensioni di una vera e propria ‘piaga’: quella degli incendi estivi. Innanzitutto, è buona cosa ricordare come i 600 mila ettari di bosco bruciati nel nostro Paese negli ultimi 20 anni costituiscano un autentico disastro per l’equilibrio ecologico della penisola, oltre a un ingente danno economico. L’azione di prevenzione e di spegnimento riesce solo a limitare i danni di tali combustioni, le quali sono ormai diventate il funesto rituale delle nostre estati. Il Corpo forestale dello Stato da tempo suddivide i danni in due categorie: ‘diretti’ e ‘indiretti’. I primi sono rappresentati dal valore della massa legnosa; i secondi, più difficilmente stimabili, sono quelli legati alla difesa idrogeologica; alla produzione di ossigeno; alla conservazione naturalistica; al richiamo turistico; alle possibilità occupazionali di numerose categorie di lavoratori. Il clima, ovviamente, svolge un ruolo fondamentale nel creare le condizioni favorevoli allo sviluppo e alla propagazione degli incendi e, in caso di fulmini, anche nel provocarli direttamente. Un dato importante da tener presente è il grado di umidità della vegetazione, in particolar modo di quella erbacea del sottobosco, che varia a seconda dell’andamento stagionale. Tuttavia, condizioni climatiche simili e pari coefficienti di umidità in zone diverse non producono un ugual numero di incendi: sono ben altre le cause che favoriscono le combustioni dei nostri boschi. Tra queste possono essere annoverate: l’afflusso turistico; l’abbandono delle campagne; l’attività di particolari pratiche agronomiche e della pastorizia; le vendette personali e le speculazioni. Una correlazione interessante è quella tra incendi boschivi e circolazione delle autovetture: a un progressivo aumento degli autoveicoli circolanti e dello sviluppo viario aumentano, in modo direttamente proporzionale, gli episodi di combustione. Inoltre, dal rilevamento dei punti di ‘innesco’ si evince come numerosi incendi abbiano inizio proprio dal bordo di strade e autostrade. In base all’andamento meteorologico e climatico, ogni anno si registrano due periodi di rischio: quello estivo, più marcato nelle regioni del centro-sud e in Liguria; quello invernale, nelle zone dell’arco alpino. Insomma, quel che bisogna assolutamente sottolineare è il fatto che la causa di un incendio sia, quasi sempre, il ‘dolo’ umano, mentre i fenomeni di autocombustione rappresentano eventi di carattere assolutamente eccezionale.
Il servizio antincendi del Corpo forestale dello Stato ha avviato, da alcuni anni, una serie di studi che entrano nel merito delle cause effettive.
E, nello specifico, ha indicato una serie di motivazioni ripartite in: a) cause dolose o volontarie; b) cause colpose o involontarie.
Al primo gruppo sono da ascrivere tutti gli incendi da cui gli autori sperano di trarne un profitto (distruzione della massa forestale per la creazione di terreni coltivabili e di pascolo a spese del bosco; bruciatura di residui agricoli, quali stoppie e cespugli per la pulizia del terreno in vista della semina; incendio del bosco per trasformare un terreno rurale in area edificabile; incendi funzionali a determinare la creazione di posti di lavoro); gli incendi legati alle attività di ricostituzione e di spegnimento (impiego del fuoco per operazioni colturali nel bosco finalizzati a risparmiare mano d’opera oppure tesi a perseguire approvvigionamento di legna); gli incendi da cui gli autori non traggono un profitto concreto (risentimento contro azioni di esproprio o altre iniziative dei pubblici poteri; rancori tra privati; proteste contro le restrizioni all’attività venatoria; proteste contro la creazione di aree protette; l’imposizioni di vincoli ambientali; semplici atti vandalici). Le cause colpose o involontarie, infine, sono quelle legate all’imprudenza, alla negligenza, alla disattenzione o all’ignoranza delle persone, che involontariamente provocano incendi. Diviene dunque buona cosa far sapere che gli incendi boschivi rappresentano un reato punibile con 10 anni di reclusione, che possono diventare addirittura 15 nel caso in cui un incendio riguardi una riserva naturale o un’area protetta.
1515 è il numero di pronto intervento del Corpo forestale dello Stato al quale segnalare con tempestività la presenza di incendi boschivi e qualsiasi altri tipo di emergenza ambientale, nonché inoltrare una richiesta di soccorso. Si tratta di un servizio completamente gratuito, attivo 24 ore su 24, su tutto il nostro territorio nazionale.
Buone vacanze a tutti i lettori di Gaiaitalia.com.
(31 luglio 2015)
©gaiaitalia.com 2015 – diritti riservati, riproduzione vietata
Iscrivetevi alla nostra newsletter (saremo molto rispettosi, non più di due invii al mese)