
di Giovanna Di Rosa
Il “Sì” pubblico con riserve di Romano Prodi al referendum, ha scombussolato i grandi vecchi della sinistra [sic] Pd, principessa di tutti gli inciuc,i e protagonista, con Berlusconi, dell’immobilismo nel quale il paese versa da una ventina d’anni almeno. Bersani ricorda le radici contadine di Prodi (che sono le stesse del buon Pierluigi) e D’Alema con il fare sprezzante che lo caratterizza, dopo avere ricordato che a lui chi esercita il potere con arroganza fa schifo [sic], minimizza e parla di “riforma sbagliata” (riferendosi probabilmente alla sua del 2001). Preparandoci ad essere insultati sui social, soprattutto dagli ex parlamentari dell’ora Pd, tutti coerenza ed onestà anche loro, ci permettiamo di ricordare alcuni punti.
Era il 1996 e Prodi portò trionfalmente alla vittoria il magnifico esperimento dell’Ulivo che battè Berlusconi e che se non fosse stato per D’Alema, Bertinotti ed i loro sodali avrebbe cambiato il paese già vent’anni fa. Lo recuperarono anni dopo, il Prodi 2, poi lo fecero saltare in aria di nuovo. In quell’occasione chi oggi si scandalizza – e fomenta indignazione – per l’appoggio esterno di Verdini che vota col governo in alcune occasioni, governava con Mastella e con Cossiga, che fondarono due movimentini del 2% al solo scopo di sostenere D’Alema, il leader senza macchia e senza peccato. Una specie di Grillo ante litteram, diciamo.
Dopodiché Prodi sostenne la nascita del Pd che probabilmente immaginava diverso, e quando vide come andavano le cose si ritirò sul colle come fanno i saggi, salvo qualche sortita, nemmeno troppo visibile, lasciando la sinistra [sic] che l’aveva silurato in malo modo per le feroci ambizioni interne di qualcuno preda delle sue flatulenze. Dopodiché inizio l’allegra avventura del partito che ora grida alla dittatura di Renzi: furono incapaci di fare opposizione, sostennero tutti i governi tecnici che fecero riforme ben peggiori di quelle dell’attuale governo. Votarono la Legge Fornero (anche Stefano Fassina la votò, ed ora è in Campidoglio a votare con i 5Stelle) e tutte le leggi del Governo Monti. Arrivarono poi i fastosi tempi di “smacchiamo il giaguaro” di bersaniana memoria con i risultati che ricorderete, le disastrose primarie dell’uomo di D’Alema, Gianni Cuperlo, che dopo essere stato travolto dalle percentuali di Renzi, riuscì addirittura a non riuscire a guidare nemmeno la sua minoranza. Arriviamo quindi alle riforme e poi al referendum costituzionale dove, per l’ennesima volta il Pd, come facevano i DS, come faceva il PDS, riesce a mettersi di traverso rispetto a sé stesso ed al governo del quale è maggioranza. Non hanno argomenti, a parte le pacche sulle spalle agli avversari e l’incapacità di decidere, ma vogliono che le cose vadano come vogliono loro. Le riforme? Non vanno bene, perché non sono quelle che vorremmo noi. Prodi? Un contadinotto che si accontenta di succhiare l’osso. Renzi? Un dittatorello (ma non spiegano come mai è stato attraverso democraticissime primarie che questi ha scalato il partito), o poco più di un ragazzino viziato che grida da un palco.
Ora il “Sì” di Prodi dà il colpo di grazia a questi geniali artefici della politica del nulla, a questi paternalisti padri-padroni che nulla hanno combinato se non occupare poltrone per decenni. L’esito del referendum lo decideranno i cittadini. Poi starà alla politica, che vinca il “Sì” o il “No”, dimostrare che il tempo della cialtroneria è definitivamente tramontato.
(1 dicembre 2016)
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