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HomeGiustappunto!Scontro Bocchino-Jebreal: il vero mondo all'incontrario

Scontro Bocchino-Jebreal: il vero mondo all’incontrario

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di Vittorio Lussana

Assistendo allo scontro tra Italo Bocchino, direttore editoriale de Il secolo d’Italia e Rula Jebreal, autentica tigre di Haifa con passaporto israeliano, accusata dal primo di antisemitismo (sic!), per l’ennesima volta abbiamo toccato con mano un modo di attribuire azioni e intenzioni contro singole persone che si richiama alla subcultura reazionaria, come se ciò fosse considerato normale o un qualcosa di sdoganato. La preoccupazione di Italo Bocchino non era tanto quella di colpevolizzare la Jebreal presa singolarmente, bensì di dimostrare l’esistenza di un antisemitismo di sinistra anche a costo di prendersela con la persona più sbagliata del “globo terracqueo”, tanto per citare la poetessa.

Il tema è divenuto socialmente centrale: il Paese resta inchiodato alla croce di una mentalità sostanzialmente furfantesca e a una politica demagogica che pensa unicamente a come fregare il popolo. Buona parte della società italiana è stata aiutata e, in seguito, garantita, nelle distinte collocazioni professionali, da una politica di relazioni e clientelismi, i quali sono riusciti a emarginare la professionalità di chi, grazie al proprio lavoro, riusciva a vivere onestamente, bloccando ogni genere e tipo di ascensore sociale.

Tutto ciò annulla qualsiasi criterio di meritocrazia e di qualità professionale: persino il mondo politico, ormai, si regge su un parlamento di nominati e cooptati grazie a una serie di leggi elettorali scellerate, che hanno letteralmente sganciato l’eletto da un qualsiasi vincolo di rapporto con il territorio.

Il sistema elettorale denominato Mattarellum per lo meno garantiva l’obbligo di elezione passiva di un deputato o un di un senatore attraverso una competizione all’interno di un collegio, costringendo altresì l’eletto a curare i rapporti con coloro che lo avevano mandato a palazzo Madama o a Montecitorio. Anche se, spesso e volentieri, molte realtà territoriali si ritrovavano dei candidati paracadutati o calati dall’alto dalle segreterie politiche nazionali.

Con il passaggio avvenuto nei primi mesi del 2006 al sistema soprannominato, con dubbio gusto, Porcellum, il metodo di selezione della nostra classe politica ha subito un’ulteriore degenerazione, poiché ha definitivamente rinchiuso in una sorta di torre d’avorio interi parlamenti e legislature, trasformando la politica nazionale in un’oligarchia nemmeno lontanamente illuminata e in una guerra per bande o tra tifoserie.

Tuttavia, la politica non è stata l’unica categoria ad aver adottato dei sistemi di selezione lontanissimi dal tradizionale cursus honorum: il malcostume della cooptazione è stato applicato e attuato anche in altri ambienti. Esso, per lunghi decenni, aveva persino retto alla prova del tempo, poiché tutto sommato uno spazio minimo alla meritocrazia e alle esigenze di ricambio generazionale venivano garantite.

Tanto per fare un esempio di scuola, nella prima Repubblica i famosi pacchetti di assunzione in Rai venivano gestiti secondo la regola delle quote. In buona sostanza, a viale Mazzini si decideva di assumere un raccomandato dai democristiani, uno dai comunisti, uno dai socialisti e, infine, uno bravo. Ovvero, che lo meritava.

Già l’applicazione di tale metodologia relegava le assunzioni per merito in una condizione di marginalità. Ma con l’avvento della seconda Repubblica si è fatto molto peggio: si è direttamente passati all’introduzione di formule contrattuali a tempo determinato per gli amici e gli amici degli amici, devastando le redazioni giornalistiche e precarizzando i rapporti professionali. Non solo il professionista bravo, ma persino il raccomandato capace o il segnalato per meriti effettivi non hanno più avuto alcuno spazio, né percorsi alternativi di collaborazione.

Risulta ormai palese il fatto che esista da sempre, in questo Paese, una parte della cittadinanza abituata a cambiare le carte in tavola sempre, comunque e in ogni situazione. Si pensa solamente a indebolire gli interlocutori, nella convinzione che, se anche la magistratura intervenisse al fine di sanare un danno commesso, ciò avverrà in tempi talmente lunghi da rendere comunque convenienti i servilismi, la slealtà e i fiancheggiamenti propagandistici. Ormai ci si chiede apertamente, in ampi strati e in numerosi ambienti della società italiana, come sia stato possibile che determinati personaggi siano riusciti a raggiungere una Laurea o un’abilitazione professionale. Ed è ormai giunto il momento di svegliarsi: l’Italia è governata da una piccola borghesia cinica ed egoista, totalmente lontana dai problemi concreti delle persone, mentre mentitori seriali e damerini raccomandati cadono sempre in piedi. Non si può continuare ad assistere a tesi insostenibili, che distorcono i problemi al fine di metterli da parte e parlare d’altro. Per “cambiare la narrazione”, si dice in gergo. Come nel caso del Green Deal, improvvisamente divenuto causa di ogni male, mentre invece si tratta di un’urgenza reale, oggettiva, contro la quale ogni menzogna è destinata a infrangersi.

L’intero mondo occidentale è stato scaraventato in un gigantesco paradosso: il pianeta Terra si sta surriscaldando e sappiamo anche bene il perché. Eppure, la narrazione viene letteralmente distorta da una propaganda demagogica falsa e depistante, totalmente priva di qualsiasi base scientifica.

Ci stanno mentendo clamorosamente ogni giorno. Ed è questo il vero mondo all’incontrario.

 

 

(30 maggio 2025)

©gaiaitalia.com 2025 – diritti riservati, riproduzione vietata

 

 

 




 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



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