di Samuele Vegna
Nuovo e antico si mescolano quando si parla di violenza.
In tempi molto antichi, non vi erano grandi documentazioni sul male che ci infliggevamo tra noi, e solo dopo molto tempo abbiamo cominciato a regolarci con dei codici che punissero, nemmeno in modo paritario però, chi infliggeva del male e commetteva un reato.
Poi, dopo molto altro tempo si è giunti a una finta parità di tuttə di fronte alla legge, anche perché, a parer mio, per stare paritariamente di fronte alla Legge c’è ancora bisogno di ulteriore evoluzione in quella direzione.
Violenza è stupro, omicidio, rapina, ma anche il catcalling.
Tutto il nostro popolo si trova invischiato in questo gran minestrone mentre lo Stato ci priva – l’ha sempre fatto, gli serve – dell’educazione e della cultura necessarie a svilupparci con cuore sereno e mente aperta. La deterrenza della legge non ha senso, o almeno non è utile, laddove l’odio non trova riposo ma anzi, viene stimolato da certo Stato e certa politica, trasversalmente, oltre che dalla mala giustizia.
Oggigiorno io cammino per le strade della mia città e avverto nell’aria l’energia negativa data dalla paura fomentata per tenerci a bada, che sia quella del gay, del transgender, della donna indipendente, dello straniero. Quel che si consuma nelle nostre giornate è una crescita dell’intolleranza tra esseri umani che hanno la stessa radice genetica e biblica ma che vedono corpi estranei in chi non è omogeneo con il loro pensiero, e li fanno vedere anche a noi, portando poi a morti e feriti.
Questo, che io avverto, è ormai un programma quotidiano di cronaca nera; e porta alla diminuzione delle nostre libertà e all’aumento della diffidenza generale nell’altro.
Essere stufə della cronaca che sottolinea che lo stupratore era immigrato, che la borseggiatrice era rom, che la donna era vestita in modo provocante, è soltanto un passo, ancora troppo indietro, per contestare questa narrazione continua che crea sofferenza. Questa è però l’era del giornalismo da quattro soldi, del clickbait e dei cliché, azioni che non porteranno mai alla verità e alla serenità trovandoci in un mondo sempre più ingiusto, piccolo, triste e distopico.
Quante vite ancora saranno spezzate dall’odio e dall’intolleranza?
E per quante generazioni ancora ci comporteremo come bestie?
E per quanto ancora ci faremo governare dalla paura?
È il momento di andare oltre, o non ci salveremo. Abbiate paura, perché non siamo nemmeno lontanamente vicini all’abisso.
Mala tempora currunt.
(7 maggio 2025)
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