di Samuele Vegna
Danuta Danielsson nel 1985 aveva 38 anni quando a Vaxio, in Svezia, in un giorno di aprile, prese la sua borsetta e la tirò addosso a un neonazista. Tutto questo scatenò l’ira funesta di anetifasciste ed antifascisti presenti, del popolo veramente patriottico, che cominciò a tirare uova e verdure e frutta marcia addosso a questa indegna parata del partito neonazista svedese.
Dentro di me sorge la stessa, spontanea emozione, di reprimere il neonazismo e il neofascismo, di farlo fuggire a gambe levate, tirando fuori la rabbia che abbiamo; noi non ricordiamo abbastanza quel periodo, quella fame e quella sete, quella sofferenza e quel dolore, e non protestiamo abbastanza.
Il nostro mondo è veramente al contrario perché sono protette di più quelle teste rasate che hanno più bulbo che encefalo, che non il popolo antifascista che sostiene gli ideali dei nostri padri e delle nostre madri costituentə.
La politica, da destra a sinistra, stenta a riconoscersi antifascista, rimane muta, edifica muri di omertà.
Una borsettata però ieri c’è stata, in via Paladini, mentre c’era chi, affetto da paresi al braccio destro, urlettava presente per Sergio Ramelli, un camerata martire dalle imprese patriottiche sconosciute (ucciso da militanti rossi, va detto, per un tema scolastico): è difatti arrivata prima la musica del braccio, una musica da un balcone che è un inno patriottico, un ricordo di quando eravamo immobili durante il lockdown e non si poteva fare altro che mettersi a cantare sui balconi.
E un po’, siamo immobilizzati nei confronti del neofascismo, dal governo e dallo Stato, complici a loro modo, in silenzio, col decreto sicurezza.
Nonostante tutto, però, ancora si resiste.
E questa è libera espressione allo stato puro, ed è magnifico.
(30 aprile 2025)
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