di Vittorio Lussana
Questa settimana vorremmo aggirare i comportamenti estemporanei e improvvisati di Donald Trump, al fine di occuparci di altre notizie. Per esempio, dedicando alcune nostre riflessioni alla recente sentenza della Corte di Cassazione in merito a un ricorso presentato contro una decisione della Corte di appello di Roma, la quale aveva stabilito il rilascio di una carta d’identità a un minore con l’indicazione di entrambi i genitori, anche se si trattava di due madri: una biologica, l’altra adottiva.
Infatti, secondo un decreto di quel genio di Matteo Salvini quando era ministro degli Interni – dicastero in cui qualcuno vorrebbe reinsediarlo, come se non bastassero i giocherelloni già in circolazione attualmente – tale documento dovrebbe indicare le diciture ‘padre’ e ‘madre’ secondo quanto stabilisce il vecchio codice binario familista, discriminando i minori che vivono in famiglie diverse dal modello tradizionale.
Insomma, la Cassazione ha riconosciuto piena legittimità alla fattispecie familiare in cui una donna adotti il figliolo biologico della propria compagna. Una possibilità già prevista dalla legge n. 184 del 1983, che sin da allora regola le distinte forme di adozione, al fine di tutelare il diritto dei minori a crescere in contesti stabili e riconosciuti pubblicamente, con relazioni familiari chiare anche agli occhi dello Stato. Una ratio legis che non può più essere sacrificata sull’altare di una prassi che non tiene conto delle moderne evoluzioni familiari.
In realtà, esiste un altro caso simile – riguardante una madre non biologica all’interno di una coppia omosessuale – pendente innanzi alla Corte costituzionale. La quale verrà presto chiamata a pronunciarsi in materia, chiarendo definitivamente quali siano i nuovi confini del diritto di famiglia per quei minori che crescono in contesti non tradizionali. Condizioni e situazioni ormai impossibili da non riconoscere, con buona pace dei cattolici integristi e di tutti coloro che vorrebbe applicare dei princìpi discendenti da religioni o filosofie morali all’interno dello Stato di diritto, che invece è laico per definizione.
Detto questo, dobbiamo ovviamente specificare come non siano quelli che brandiscono rosari o citazioni para-bibliche, tipo Salvini e Pillon, a preoccuparci più di tanto, perché è un dato che questi ultimi sono dei veri e propri campioni olimpici nella disciplina più in voga del momento: il lancio del martello nei propri zebedei. Al contrario, vorremmo alzare il nostro sguardo verso l’Unione europea, per cominciare a porre una questione che, al contrario, sta rinchiudendo un intero Paese all’interno di un’ideologia illiberale: l’Ungheria guidata da Viktor Orbán.
Come possiamo liberare il glorioso popolo magiaro da una simile cappa soffocante? Sia ben chiaro: ci andrebbe bene anche l’opzione contraria, cioè che sia l’Unione europea a liberarsi dell’Ungheria, magari facendosi dare indietro tutti i fondi che il suo attuale presidente si è assicurato allorquando faceva parte del Partito popolare europeo.
In merito a tali argomenti, c’è chi mi consiglia prudenza, poiché ci sarebbe la vicina Germania che, secondo alcuni sondaggi, vedrebbe gli estremisti della Afd al 25% dei consensi. E anche le recenti vicende romene preoccupano alquanto, per la recente ascesa del nazionalista Calin Georgescu, il cui successo elettorale ha condotto la locale Corte Suprema a invalidare le elezioni, in quanto viziate da corruzioni e finanziamenti provenienti da una potenza straniera (inutile citare di chi stiamo parlando).
In ogni caso, non possiamo lasciar decantare tali questioni troppo a lungo. Per il semplice motivo che non possiamo continuare ad appiattirci unicamente sul piano quantitativo, il consenso elettorale, senza ulteriori valutazioni di ordine qualitativo implicite nelle nostre democrazie. Le quali, non possono essere ridotte a una mera competizione propagandistica. In buona sostanza, se ci sono delle nazioni che non intendono rispettare alcuni princìpi dello Stato di diritto intesi nel senso pienamente laico di questo termine, queste dovrebbero essere accompagnate all’uscita: saremmo più contenti noi e, probabilmente, ne sarebbe felice lo stesso Vladimir Putin, che finalmente potrebbe tornare a sperare in un ritorno di quella sfera d’influenza sovietica implosa per conto proprio nel 1991.
Perché quando ci sono persone nate per zappare, se li rimandiamo a vangare nel cortile di Putin, sarebbero più contenti loro e potremmo vivere più serenamente anche noi.
(11 aprile 2025)
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