di Giovanna Di Rosa
Abbiamo assistito negli ultimi giorni alla crescita dell’aggressività verbale nei confronti di un importante esponente della destra di governo, un ministro mica una scalzacani, nello specifico il ministro dell’Istruzione e del Merito che ha dispensato scudisciate e giudizi su persone di cui non sa nulla e su scelte di cui sa ancora meno.
In soldoni, e come saprete meglio di noi, il Ministro ha dichiarato che “l’umiliazione” che deriva dal dedicarsi a “lavori socialmente utili” fortifica e che chi non ha un titolo di studio della scuola dell’obbligo non può ricevere il reddito di cittadinanza. Lo spirito delle dichiarazioni voleva certamente essere quello del buon padre che incoraggia i figlioli, ma è risultato essere, nei risultati, più disastroso del famoso bamboccioni del famoso Professor Monti, che ancora se ne ricorda.
Ma dalle parole del Ministro ciò che trapela e che più infastidisce, è l’insondabile altezza per i comuni mortali dal quale lui dispensa giudizi, lancia strali, punta il dito, accusa e dispensa miracolistiche soluzioni. E’ lontana da lui, o almeno sembra esserla, la ricerca delle ragioni che spingono all’abbandono scolastico un bambino prima della quinta elementare o le condizioni delle famiglie che devono mandare il loro figlio a lavorare prima della licenza media. Il Ministro sembra avere a disposizione soltanto un semplice impianto accusatorio condito di parole sferzanti, nei toni e nella sostanza, e quando parla di persone che “preferiscono” il “reddito di cittadinanza” alla “dignità” di un lavoro stabile dimentica due cose: che ci sono paesi nel Sud d’Italia dove lavoro non ce n’è se non in nero, malpagato o al soldo della malavita (e un Ministro della Repubblica non dovrebbe dimenticarsi di queste piccolezze) e quindi, nel pronunciare parole come “dignità”, di riflettere se davvero c’è “dignità” in discorsi infarciti di moralismo da bar del centro la domenica pomeriggio.
Certamente da un uomo della sua cultura, da un politico nella sua posizione, invece di discorsi roboanti e altissimi toni che alle destre piacciono tanto, ci si aspetterebbero soluzioni: non discorsi al popolo (se non li fa la presidente del Consiglio non si capisce perché debba farli lui) e nessun indice puntato contro ragazzini o adulti che hanno certamente avuto meno possibilità di quante il Sig. Ministro abbia visto in vita sua; non parole come “umiliazione” usate come uno scudiscio.
Insomma nel ruolo del buon padre di famiglia da destra post-fascista, nelle intenzioni, ci si aspetterebbe qualcuno che rivolge un minimo di incoraggiamento verso coloro che una vita di merda ce l’avevano anche prima che il ministro dell’Istruzione e del merito di un governo pro tempore eletto dal 26,1% degli Italiani, non investito a vita per divina e teocratica grazia, glielo ricordasse a giorni alterni.
(25 novembre 2022)
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