di Daniele Santi
Le scorribande di Matteo Salvini irritano fortissimamente, dicono le cronache comuniste [sic], la premier da incaricare Meloni che reclama dal profondo del suo umore nerissimo una “maggiore sobrietà”. Capite? Lei. Principessa dell’ugola strapazzata, lei che paonazza grida n’importe quoi (tanto lei è poliglotta) a Giuseppe Conte – quel politico che è diventato primo partito del Sud senza avere mai parlato del sud, misteri gattopardeschi – lei che non importa la bronchite ha gridato qualsiasi cosa dall’Italia alla Spagna, con parentesi al gruppo Conservatore di Bruxelles; lei reclama una “maggiore sobrietà”.
Il problema è sempre quello: si chiama Viminale, lui lo vuole e lei non glielo darà; lui avanza una lista di Ministri e lei vuol fare quello che vuole (ha il triplo dei voti del Truce); lui invoca Mattarella, lei sa che Mattarella farà il suo mestiere; lei sa che mancano i presidenti di Camera e Senato, che non c’è un governo, che Putin ce lo sta mettendo nel culo mentre lui reclama poltrone; così non le resta che una scelta di distinzione: reclamare “serietà”.
Avrà messo in conto che potrebbe non avere i voti in Parlamento o ci saranno già Renzi e Calenda (e perché non Conte) pronti a darle la bombola d’ossigeno che necessita?
Noi, che non voteremmo Meloni e il suo partito per nessun motivo al mondo, riteniamo che avendo vinto le elezioni Meloni debba andare fino in fondo al suo mandato, anche se dovesse durare solo un anno, e poi elezioni. E ci auguriamo che Meloni, e almeno una parte dei suoi, abbiano imparato la lezione di quella destra sociale certamente spudorata come quella attuale nei modi, ma che almeno il senso delle istituzioni ce l’aveva. E voglia pensare a riformare questa legge elettorale rispetto alla quale il porcellum era un capolavoro di sobrietà istituzionale. Per stare in tema.
Altro che reclamare serietà e sobrietà. Qui c’è un governo che non nasce, tra veti incrociati e sete di potere. E’ davvero la solita destra granitica che pur di tenere graniticamente in mano il potere se ne fotte del paese fino a quando i suoi giocattoli non sono tutti allineati sugli scaffali.
(5 ottobre 2022)
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