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Il “campolargo” è un “camposanto”

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di Daniele Santi

Dunque Giuseppe Conte ha celebrato in diretta televisiva il de profundis del campolargo che con tanti morti addirittura prima della sua celebrazione in vita sembra ormai un camposanto. Posto che nessun campolargo è mai esistito se non nelle tastiere di tanti di noi che scrivono (ma non nelle nostre), Conte ha rivelato la realtà dei fatti inviando un dardo avvelenato a Grillo quando ha detto: “Non voglio mettere il mio simbolo vicino a quello di Italia Viva“.

Mica gli si può dare torto, Matteo renzi è lì per far saltare in aria non soltanto la coalizione, ma proprio tutto il PD con tutto il mondo intorno, e se Schlein non se n’è accorta e pensa che per l’1 virgola pochissimo di Renzi si possa perdere il 10% virgola molto (abbondante) di Conte si dev’essere persa per strada. Bene, se è così, che si ritrovi e lo faccia in fratte. Mica gli si può però risparmiare, a Conte, che questo suo cercare visibilità cercando di fare a pezzi gli avversari ad uso quasi esclusivo di battaglia interna col Grillo Furioso mettendo da parte le questioni legate alla governabilità di regioni in cui le destre hanno dimostrato ampiamente cosa valgono politicamente (poco), non gli fa onore. Poi servirebbero, ma non serviranno, due parole su Renzi, un uomo politicamente finito che scorrazza gaudente da un campo all’altro e devasta tutto quello che tocca: si posi anche sul fiore putrescente di queste destre, magari dà una mano anche a loro. Infine Schlein. C

he avrebbe dovuto mandare Renzi a quel paese trenta secondi dopo la sua prima dichiarazione di appartenenza al camposanto, nuova appartenenza decisa solo da lui, ed è stata a guardare standosene zitta, forse pensando che la cosa sarebbe caduta lì. E ha fatto male.

Infine tocca notare l’entusiasmo dei colonnelli di Conte nel manifestare il sostegno al capo supremo prossimo venturo, lo stesso manifestato seguendo uguale atteggiamento acritico nei confronti del Furiosissimo Vate, anche quando commetteva errori, proprio come ga Conte in questo caso, cercando di recuperare i voti di coloro (i suoi militanti) che potrebbero appoggiare Grillo e sfilargli il partito dalle mani.

Come è facile immaginare, con la governabilità delle regioni, col governo, con la politica tutta questa roba non c’entra niente: è solo una lotta di potere tutta interna al grillismo delirante e al controllo di un movimento che è diventato un partito, ma non è più né una cosa né l’altra. Non fiori, ma opere di bene.

 

 

(2 ottobre 2024)

©gaiaitalia.com 2024 – diritti riservati, riproduzione vietata

 

 




 

 

 

 

 

 

 

 



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