di Daniele Santi
I fedelissimi si stringono intorno al Capitano ed ecco il leninismo in salsa leghista spuntare in tutta la sua strategia colonizzatrice. Le lega si slega, anzi no. La Lega va avanti graniticamente [sic] legata al suo segretario movimentista e dalle strategie perdenti in nome del mantenimento del potere del gruppo dirigente. Il segretario-tribuno semidio non è in discussione anzi, tuona Giorgetti, il “Governo potrebbe cadere”.
E potrebbe cadere anche la giunta Toti, perché il Giovannone è colpevole di avere tradito e di non avere votato la politicamente poco presentabile Casellati evitando così il trionfo filo-russo già leghista-salviniano, forse in nome del (troppo poco) famoso rapporto di collaborazione stabilito tra la Lega e il partito di Putin al potere in Russia.
Ma la Lega è in fibrillazione. In Piemonte volano gli stracci contro il segretario-capo assoluto che ha perso tutte le elezioni possibili dalle Europee in poi, rinnovando l’errore del Papeete ad ogni ricerca di una strategia iperattiva che cambia ogni cinque minuti e alla scelta di candidati improbabili. Gli indici sono puntati su Molinari, per molti troppo poco impegnato alla guida della Lega del Piemonte, e al suo cerchio magico – “di bassa qualità politica ma prono ai suoi voleri”, scrive Lo Spiffero – che circonda Molinari. Si fanno nomi e cognomi e si ipotizza un futuro da 6% di suffragi, che è ciò che la Lega politicamente merita, vista la sua totale mancanza di un disegno politico reale.
Per il resto le cose sono andate come diceva Bossi che aveva parlato della rielezione di Mattarella subito dopo la prima votazione. Poi c’è la vendetta di Meloni che cercherà di sfilare tutti gli sfilabili possibili, in un nuovo attacco possibile da destra. E Salvini e i suoi yes men non hanno altra soluzione che una federazione ispirata al Partito Repubblicano americano, che vedrebbe l’attuale segretario alla guida, rispetto alla quale tutti già ridono come matti.
(2 febbraio 2022)
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