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Crolla la produzione industriale, chissà se per Zingaretti è colpa del brutto carattere di Renzi?

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di Daniele Santi #Politica twitter@gaiaitaliacom #PD

 

 

Nella giornata in cui l’Istat pubblica dati che preoccupano e di fronte all’inesistenza della riposte governative, con il silenzio dell’ometto dei balconi e dell’omone delle divise, il candidato più accreditato in questo momento alla segreteria del PD, sulla carta principale partito d’opposizione (sì, loro si sentono tali) non spende un afflato sulla questione, impegnato a spiegare che la presenza o no del simbolo del PD sulle schede elettorali per le prossimo Europee “non è un dogma” e a rilanciare l’idea di una lista che coinvolga “associazione e società civile”. Calenda applaude.

Sul calo del 2,6% nella produzione industriale italiana Zingaretti non ha detto una parola. Non un accenno. Non un commento. Non un tweet, almeno fino ad ora (stiamo scrivendo alle 13.56 dell’11 gennaio. Stupiti? Noi no. Anzi. Il PD è completamento concentrato sul suo ombelico, raffigurabile come la poltrona di segretario, il cui occupante sarà colui attorno al quale si costruiranno le alleanze, le correnti, insomma colui attorno al quale si costruirà la polemica prossima ventura sull’immobilità del partito: tanto vale eleggere il meno peggio. Zingaretti è un piacione senza grande talento smisuratamente ambizioso. Per questo ha ottime possibilità di vincere. Perché nel PD odierno, in perfetta linea con le politiche demenziali del governo dei rincitrulliti al potere, meglio avere idee poche e non realizzabili che programmi precisi, chiari, di pochi punti e realizzabili. Perché poi se si promette tocca fare.

Dunque l’Italia va giù e i partiti politici, governo ed opposizione, non hanno nient’altro da fare che seguire le sirene delle elezioni europee pensando che un’eventuale risultato positivo (possibile in alcuni casi, un sogno disperante in taluni altri) possa ribaltare i destini del governo pentaleghismi con spiccate pulsioni assolutiste. Viene il sospetto, a vedere che aria tira, che il -2,6 su base annua – il segno è tornato negativo dopo le elezioni del 4 marzo 2018, per capirci – debba imputarsi al brutto carattere di Matteo Renzi come tutti i mali che affliggono lo stivale dal 2013 ad oggi, perché è sempre meglio trovare un colpevole che mettere in campo soluzioni o strategie.

Così rivolgiamo la domanda al candidato segretario Zingaretti: ci sono progetti in saccoccia per opporsi alle politiche demenziali di questo governo e o il PD sta ancora dentro al delirio della sinistra che indica ai suoi dirigenti che per il semplice fatto di stare dove si sta le cose andranno automaticamente bene senza sforzo alcuno? Solo per sapere quali saranno i motivi che ci spingeranno a consigliare i nostri lettori filo PD di non votarla, presidente Zingaretti. E insieme a Lei tutti coloro che sono persi nelle correnti e non si preoccupano di cosa sta succedendo, devastati dalla loro infantile convinzione che basti far tornare il PD al governo per salvare il culo del mondo o che basti staccare il M5S dalla Lega per salvare l’Italia. C’è un follia strisciante dalla quale nessuno è immune.

 

 




 

 

(11 gennaio 2019)

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