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Quindi Bersani e Speranza sono a favore del referendum contro una legge che anche loro hanno votato?

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Bersani Alfano 00di Il Capo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Naturale che a votare ci si va, poi ci sarà chi voterà “Sì” e chi voterà “No” e tutte le posizioni sono legittime, saranno le urne o la partecipazione a decidere. Non sono mai d’accordo con chi dice che non bisogna andare a votare e sceglie l’astensionismo come maniera per far cadere un referendum, ma anche l’astensione è una scelta. Personalmente preferisco recarmi comunque alle urne. Una volta lì ho molti modi per astenermi. Anche invalidando la scheda. Per esempio.

 

La questione che mi appassiona (si fa per dire) in questo delirio pre-referendum è però vedere le cariatidi del Pd avventarsi ancora una volta contro chi, con primarie regolari ed indette per l’occasione, gli ha tolto la maggioranza nel partito: parlo dei soliti Bersani (nella foto in alto in atteggiamento fraterno, I’m here to tell you, con Angelino Alfano), D’Alema, Speranza, Gianni Cuperlo, insomma tutta la cricca degli eternamente perdenti (è vero hanno battuto Berlusconi tre volte, ma sono stati incapaci di governare ed i loro governi sono stati maciullati dall’interno e ritornati all’ometto di Arcore in tempi troppo brevi); ciò che mi appassiona (si fa per dire) non è il referendum in sé, ma è il fatto che quella parte del Pd lì, quella che ho già citato, sta andando alla guerra referendaria contro una Legge che ha votato.

 

La questione delle trivelle, che chiamiamo così semplificando, era già perfettamente chiara quando il Pd, capogruppo Roberto Speranza, la votò e la fece votare al Pd all’interno dello Sblocca Italia. Oggi, improvvisamente, preso da insopportabile pentimento e sì grande senso di morte, orrore e disperazione, l’ex capogruppo è contrario a ciò che ha votato alcuni mesi fa e si scaglia insieme agli zombies della sinistra Pd, contro il suo stesso partito. Il problema? Non le trivelle, non il referendum in sé, non il mare, non l’inquinamento. Di questa storia a Speranza e compagnia non gli frega una beata minchia, direbbe Montalbano, quello che loro vogliono è tenere alta la tensione pre elettorale, piazzare qualche consigliere in più di qua e di là, e (in fondo in fondo, ma così in superficie in superficie), far perdere le elezioni amministrative a Renzi, reo di avere consigliato l’astensione, perché se ne vada e lasci loro campo libero nel partito.

 

Questi non hanno a cuore ciò che succede in politica e nel paese, no no e no. A loro interessa il potere nel Pd, potere che gli garantisca rielezioni, una presenza costante nell’agone della politica massmediata e non in quella politicata e garantirsi visibilità atta a non perderne troppo di quel potere, sennò sono guai. Potrebbero imitare Civati, scomparso dopo la sua uscita dal Pd perché senza un’idea precisa che non fosse quella di mostrare un bel faccino, e fondarsi una nuova forza politica di sinistra.

 

Con tutto quel ben di dio [sic] chiamato Bersani, D’Alema, Speranza, Rosy Bindi, Cuperlo e via salici piangenti magari al 3% ci arrivano anche loro. E con un’alleanza ad hoc potrebbe anche andargli non troppo male. Il punto è che se escono da lì chi li vota più?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(19 marzo 2016)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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