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Quando si ha l’impressione che i Gay Pride siano un fine e non un mezzo

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Palermo Pride 2013 04di Paolo M. Minciotti

Siamo arrivati al giorno dopo, quello successivo al Gay Pride nazionale di Palermo, il Palermo Pride 2013 che sabato sera La7 ha celebrato con tutta la destra più bieca in studio, affrontando l’argomento con una caciara da Bar Sport francamente imbarazzante, e con un inviato a Palermo garbato, che poco ha aggiunto alla superficialità e allo “stiamo divertendoci tra noi” del programma.

A parte l’abituale lucidità di Vladimir Luxuria (nella foto), poco di nuovo si è visto.

La sensazione è una volta di più che le associazioni organizzatrici dei vari Gay Pride italiani vedano le marce dell’Orgoglio LGTB come un fine e non come un mezzo, soffermandosi su inutili balletti di numeri (ieri volavano cifre da 40mila a 200mila partecipanti, la cifra offerta da La7 che anche noi abbiano riportato), salvo essere poi prontamente smentiti da Twitter dove ufficialmente l’organizzazione ne dichiarava 135mila.

Con tutta la città a seguire la marcia dalle strade e dalle finestre.

Palermo Pride 2013 05

Ne deriva che in una quindicina di marce LGTB differenti, le associazioni italiane non sono riuscite a portare per le strade nemmeno un terzo delle persone che sfilano ogni anno all’Orgoglio LGTB di Madrid (quest’anno si aspettano 1milione e 600mila persone, la marcia si terrà il 6 luglio).

Voglio aggiungere che in Spagna i diritti ci sono tutti. In Italia non se ne ha nessuno. Dove sta l’errore, se c’è un errore?

Abbiamo visto, da anni lo vediamo e continuiamo a vederlo, che i Gay Pride da soli non bastano. Nonostante la società sia ampiamente più evoluta di quanto la sua classe politica lasci intendere, soprattutto sui temi legati alle libertà personali, i partiti che votiamo, gli uomini che mandiamo in parlamento, appartengono a una classe politica conservatrice, cialtrona e retriva che si è blindata con leggi ad electionem perpuetua che nulla vuole fare.

E nulla fa.

A costo di apparire fastidioso, ribadisco quello che è il punto di vista di questa testata rispetto alla questione (punto di vista condiviso da molti rappresentanti dell’associazionismo anche LGTB, che si guardano bene dal dirlo apertamente): le marce dell’Orgoglio LGTB devono avere come obiettivo la lotta politica ed il conseguimento di diritti non la visibilità di questa o quella associazione, non il numero per fare numero, senza portare a casa nulla.

L’Orgoglio LGTB deve essere un mezzo e non un fine.

Altrimenti avrà ragione quel fanciullo che ieri allegramente cinguettava su Twitter: “Del Gay Pride non me ne frega niente, io ci vado per divertirmi e mi diverto”.

 

 

 

P.S. Rispetto alla gioia per avere avuto un Palermo Pride pieno di politici ricordo sommessamente che oggi, domenica, in Sicilia si vota per il ballottaggio alle comunali. Ci sono in ballo 13 comuni che, politicamente parlando, non sono noccioline…

 

 

 

 

 

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