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Michele Emiliano, l’uomo che non sa cosa dire e lo dice male

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di Giancarlo Grassi

 

 

 

 

 

Michele Emiliano ci ha offerto una svariata gamma di affermazioni discutibili, tutte a beneficio del suo sogno di togliersi dai piedi Matteo Renzi. Se fosse coerente con la sua personale avversione dovrebbe far seguire immediate dimissioni dal partito all’interno del quale milita. Varrebbe per tutti, se ci fosse la certezza che le enunciazioni di Emiliano suggeriscono, ma certezze non ce n’è. La presunta dittatura di Renzi non esiste, molto semplicemente, perché il ragazzaccio toscano (i sondaggi, anche quelli che sono polpette avvelenate, lo danno vincitore delle primarie con percentuali attorno al 70%, addirittura superiori al 2013) è preparato, tosto, ed ha un programma. Le parole e gli interventi di Michele Emiliano, programmi non ne hanno enunciati.

Il governatore della Puglia si conferma quindi essere quello che è: una pedina di D’Alema e Bersani per sottrarre il Partito Democratico a colui che legittimamente l’ha scalato con il 68% dei voti di due milioni di iscritti che lo hanno scelto nel 2013 e di coloro che, nei circoli, hanno proclamato vincitrice la sua mozione, con una maggioranza incontestabile, nel 2017 con il doppio dei voti della mozione Orlando. Michele Emiliano è rimasto nel PD per sottrarre consenso a Renzi e portarlo ad Orlando, per provare insomma, a ri-conquistare il partito e far ritornare all’interno del PD i fuoriusciti della barca già in procinto di affondare chiamata Mdp (sarà la sigla che porta male?), insomma una specie di cavallo di troia per vincere primarie per lui già perse. Le boutade di Emiliano, un altro di quei comunisti con conti in banca sostanziosi che vanno tanto di moda in Italia di questi tempi insieme ai rivoluzionari che non hanno mai fatto un accidente in vita loro e che un Santone fa approdare in parlamento, non sono ancora finite. Il 26 aprile è infatti previsto lo scontro-dibattito tra Matteo Renzi, Andrea Orlando e Michele Emiliano su Sky, dibattito televisivo che porterà diritto alle primarie del 30 aprile quando si voterà in tutta Italia, e ne sentiremo delle belle.

Oltre alle battute [sic] di Emiliano c’è da registrare anche la dichiarazione di Sergio Lo Giudice, affidata ad un tweet, per sostenere Andrea Orlando. Il Sen. Lo Giudice, già presidente Arcigay, parla di Orlando come di un politico favorevole al matrimonio egualitario: figuratevi se può dispiacerci una vera uguaglianza dei diritti. Il punto è che trent’anni di prese in giro dei dalemiani prima PCI, poi PDS, poi DS ed ora PD non hanno insegnato nulla a Lo Giudice che dovrebbe saper riconoscere i favorevoli alla reale uguaglianza di tutti i cittadini per opportunismo da chi, in mezzo alle difficoltà che anche il Sen. Lo Giudice ha vissuto, le leggi le approva sul serio. Ma nella follia pre-primarie del maggiore partito d’Italia tutto sembra essere permesso.

 




(25 aprile 2017)

 

 

 

 

 

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