di Rosario Coco twitter@rosariococo
Il caro Mario Adinolfi si rivolge a noi tutti e tutte per pontificare la sua ultima massima dall’ineguagliabile spessore filosofico: “Voglio la mamma!”.
Bene, una volta letti i 20 punti a fondamento dei nuovi salotti del nostro gigante del pensiero, ci rimettiamo a sedere e riflettiamo un attimo.
Recita l’ultimo punto: “Al centro della difesa della vita e della persona c’è la donna. Il futuro della razza umana ha le forme di una madre. Così è, così è sempre stato, così sempre sarà”.
Ebbene si, dopo aver detto che la gravidanza è sempre obbligatoria e che le donne devono sempre e comunque partorire, dopo averne negato pari diritti alle donne lesbiche e trans, dopo aver affermato che la diagnosi prenatale deve essere assolutamente vietata, qualunque cosa succeda, dopo aver negato alle donne qualunque libertà di scelta sul proprio corpo, dopo aver dato delle “schiave” a coloro che scelgono consapevolmente di prestarsi alla maternità sostituitiva, ecco che la donna torna al centro di tutto (!?)
Pensavo, quindi, in maniera molto serena e tranquilla, di portare le nostre mamme nei circoli per spiegare al buon Mario che forse è un pò superbo seguire l’esempio di vescovi e cardinali che straparlano senza essere “donne”, senza averne mai vista una (almeno dicono) e senza avere mai avuto una famiglia (al netto di eventuali amanti uomini o donne che siano). Forse le donne potrebbero spiegare ad Adinolfi cos’è una gravidanza, cosa vuol dire “desiderare” e “crescere” un bambino. Oppure che i figli chiamano sempre mamma o papà i genitori anche se hanno due mamme e due papà, fregandosene della burocrazia dei moduli scolastici.
Che confondere una famiglia omosessuale con un gruppo di 10 persone è una roba da somari che altro non fa che negare i diritti a migliaia di bambini e bambine con genitori dello stesso sesso.
Ancor più da somari è parlare di eutanasia, nazismo, e di eugenetica senza avere la minima idea dei termini del dibattito: tra scegliere i “geni” degli occhi azzurri ed il far nascere un feto destinato a morte sicura o “staccare la spina” ad un malato in stato vegetativo, passano oceani di differenze.
Ad ogni modo, il caro Adinolfi è libero di pensare quello che vuole, il punto è molto semplice: si facesse una ragione del fatto che qualcuno la pensa diversamente e che a un certo punto bisogna far parlare numeri, fatti e competenze (sopratutto), come un certo numero 0 relativo al numero di ricerche attendibili che parlano di problemi specifici avuti dai figli di famiglie omogenitoriali, come ci dice anche l’associazione italiana di piscologia.
Su una cosa potremmo essere d’accordo con Adinolfi: “Il futuro ha la forma di una madre”.
Basterebbe immaginare una madre che sia prima di tutto donna e non schiava di chi pontifica senza saperne un accidente (e non è donna).
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