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HomeGiustappunto!Cara Elly Schlein, non ho più l’età per amarti

Cara Elly Schlein, non ho più l’età per amarti

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di Vittorio Lussana

Il recente successo del film di Paola Cortellesi, C’è ancora domani, è l’unica cosa realmente utile capitata dalle parti degli ambienti progressisti italiani negli ultimi tempi. Questa versatile artista, infatti, è riuscita a dimostrare come il cinema italiano sarebbe ancora in grado di proporre delle puntuali analisi antropologiche della nostra vita quotidiana, al fine di rappresentare fedelmente quei dei cambiamenti che avvengono o sono avvenuti – per proprio conto o poco accompagnati da serie politiche di correzione o sostegno – nel nostro Paese.

Si tratta di uno spunto di riflessione importante, per un Pd ancora alla ricerca di una sintesi politico-culturale in grado di rilanciarlo. Certo, a noi sarebbe piaciuto che il Partito guidato da Elly Schlein si posizionasse lungo una prospettiva di socialismo liberal, maggiormente in grado di approcciare anche il mondo delle imprese, garantendo ampie e più profonde risposte al problema dell’inserimento dei giovani e delle donne verso una vita lavorativa e professionale maggiormente stabile. Ma tant’è: se la scelta è quella di allearsi con il Movimento 5 stelle di Giuseppe Conte, vorrà dire che ci accontenteremo di un normale progetto di socialismo organico, attento ai problemi relativi ai cambiamenti climatici e maggiormente incline verso una graduale, ma al contempo più concreta, transizione ecologica.

A questo punto, diverrebbe tuttavia opportuno pensare anche a una gamba laico-riformista della futura coalizione, in grado di interpretare quelle problematiche relative ai diritti civili svolgendo, al contempo, un ruolo di cerniera sul fianco centrista di questo nuovo centrosinistra. Non dimenticando, ovviamente, quel necessario rinnovamento della classe dirigente, basato su criteri di competenza e di efficacia nell’azione di governo. Una questione niente affatto secondaria: se Elly Schlein intenderà dimostrarsi all’altezza della propria leadership, dovrà anche riuscire a presentare un nuovo volto del Partito democratico, meno simile a un’ennesima riedizione della Democrazia cristiana.

Anche sul fronte della politica culturale, la sinistra italiana nel suo complesso dovrà saper tornare agli antichi fasti di un tempo: quelli in cui è riuscita, per interi decenni, a dettare l’agenda dei problemi sociali e civili del Paese, illuminando le ordinarie vergogne della nostra cieca corsa verso un benessere grettamente materialista. Ma per riuscire a far questo, diviene necessario sapersi guardare da ogni etica del successo, in favore di un’etica della convinzione in grado invertire l’attuale deriva verso la superficialità e l’involgarimento. La sinistra italiana dovrà guardarsi dalla tentazione d’intonacare la nostra ‘Storia-Patria’ di ideologie giustificazioniste e autoassolutorie, evitando di presentare figure retoriche in cui i cui tratti più indolenti degli italiani siano da addebitare alla nostra tradizionale arte di arrangiarsi. In questo, la penso esattamente come Beppe Grillo: meglio utilizzare, a questo punto, una satira che sappia indirizzare i propri strali contro le atrocità del matrimonio, le ipocrisie del familismo all’italiana e gli egoismi dei rapporti di coppia. Che è esattamente quanto ha saputo fare Paola Cortellesi.

In un’epoca di sviluppo tecnologico e di intelligenza artificiale, non possiamo continuare a riprodurre la contraddizione di un’Italia arcaica, che utilizza le nuove tecnologie per difendere atavismi e misticismi puramente esoterici basati sul sangue: i rapporti, anche quelli più profondi, sono simbolici in quanto forma di educazione alla rielaborazione sentimentale non compulsiva o meramente basata intorno a sensazioni irrazionali. Ma i simboli presentano un altro tipo di problemi: essi hanno una durata temporale variabile proprio perché finiti e destinati, in un modo o nell’altro, a tramontare. Servirà lungimiranza e maturità, dunque, magari attraverso lo sguardo lungo del riformismo laico.

Insomma, se anche Pd e Movimento 5 stelle vorranno limitarsi a fare numero, delegando alle avanguardie laico-riformiste in un ruolo da guastatrici sul terreno delle tematiche maggiormente di frontiera, queste forze dovranno comunque rinunciare al congelamento dei dualismi, mantenendo il riformismo cattolico in una posizione di ricezione e di apertura mentale, tale da consentire a noi laici di essere perennemente irriconoscibili: non si accetteranno arretramenti su tale terreno. Nemmeno se motivati a portare nuovi consensi provenienti dall’area moderata, sempre incline a tornare a cuccia non appena appare, all’orizzonte, il manganello dell’ordine pubblico.

Questi sono errori derivanti, ancora oggi, dai filtri a cui viene sottoposta la dottrina di Karl Marx dai due autori più amati a sinistra, Antonio Gramsci e Gyorgy Lukacs. I quali, per ragioni diverse, sono sempre stati assai poco attratti dai problemi relativi alla modernizzazione: il primo, in quanto pensatore sostanzialmente ottocentesco; il secondo, perché non è mai riuscito ad andare oltre una concezione assai rigida della totalità dottrinaria marxiana. Non vogliamo nuove chiese, sia ben chiaro, di nessun genere e tipo. Rispetteremo le sensibilità religiose, ma vorremmo evitare di dover dimostrare la nostra laicità recandoci, ogni domenica, alla Santa Messa, magari in compagnia di Papa Francesco. Non siamo interessati a simili frequentazioni: pensateci voi e basta, poiché in ciò, richiamiamo il nostro più antico socialismo da mangiapreti.

I tentativi migliori di riannodare i fili della riflessione di Marx all’evoluzione della società industriale rimangono quelli di Galvano Della Volpe, il quale ha sempre insistito sul metodo galileiano del Maestro di Treviri, aggirando ogni macigno concettuale, come quelli di rivoluzione e di socialismo, attraverso una transvalutazione normativa della democrazia, ottenibile solamente tramite coraggiose riforme di struttura. Dunque, sono esattamente quest’ultime quelle che si dovranno ostinatamente applicare e attuare. Anche in termini socioeconomici, ma senza nessun cedimento alle vecchie utopie novecentesche.

Di fronte a un Paese impaurito dai cambiamenti e ossessionato dalle tradizioni, non vi può essere nulla di più sbagliato che rispondere con le vecchie ideologie. Meglio ricorrere, invece, alle scienze sociali – da Weber a Durkheim, da Tonnies a Thomas e Znaniecki, da Aron a Kelsen, da Fromm a Galbraith – anziché continuare a teorizzare l’instabilità movimentista setacciando Baran, Braveman, Lukacs, Sweezy, Horkheimer, Adorno, Marcuse e, persino, Mario Tronti. E sarà buona cosa anche guardarsi dai baroni universitari alla Cardini o alla Barbero: cattocomunisti che inciampano spesso nella propria snobistica intellettualità, nella loro incapacità nel saper cogliere quelle difficoltà sostanziali insite nelle questioni più concrete, come capitato in pandemia in tema di Green Pass o durante l’invasione russa dell’Ucraina.

Nessuna immagine di intellettualità autoreferenziale sarà tollerata. Soprattutto da parte del sottoscritto, che ha ormai raggiunto un’età non più in grado di attendere che il grosso delle truppe percorra quel lungo sentiero di riflessione, per arrivare a comprendere cosa diamine i cittadini vi stiano chiedendo. Ci vuole, invece, una sinistra con le orecchie sempre a terra, che sappia evitare i voli pindarici del passato intorno ad amenità come il Partito della Nazione e altre masturbazioni cerebrali di questo genere e tipo.

Buon lavoro, Elly Schlein: adesso tocca a te. Mi raccomando: niente cricche universitarie,formalismi borghesi di svariato genere e tipo, poiché servono autenticità, originalità e chiarezza. Altrimenti vi piantiamo ancora una volta nel bel mezzo di quei guai in cui anche voialtri, spesso e volentieri, adorate arrovellarvi e sguazzare.

 

 

(13 gennaio 2024)

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