di Massimo Mastruzzo*
La risposta della Commissione Europea all’interrogazione presentata dall’europarlamentare Piernicola Pedicini in merito alla processo a carico dei responsabili dell’azienda WTE- con sedi a Calvisano, Calcinato e Quinzano – accusati di aver smaltito tra il 2018 e 2019 oltre 150 mila tonnellate di fanghi tossici su 3 mila ettari di campi di 78 Comuni del Nord Italia, 31 nel bresciano, è arrivata.
La Commissione europea nella sua risposta sottolinea come, fatto salvo il ruolo della Commissione stessa quale custode dei trattati, spetta in primo luogo agli Stati membri garantire il rispetto del diritto dell’UE e indagare su potenziali violazioni delle norme applicabili.
Una sottolineatura che è un forte richiamo alle responsabilità del governo rispetto alla sua posizione di parte civile nel processo, responsabilità da condividere con i rappresentanti istituzionali, dai sindaci, responsabili, in condivisione con i consigli comunali, della condizione di salute della popolazione dei loro territori, fino ai parlamentari, eletti nei territori coinvolti dallo sversamento degli oltre 150 mila tonnellate di fanghi tossici. Non fosse altro perché la direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale (GU L 143 del 30.4.2004, pag. 56), autorizza specificamente le parti interessate o colpite a chiedere l’intervento delle autorità nazionali competenti presentando osservazioni corredate di ragionevoli elementi di prova, e le autorità hanno l’obbligo di rispondere a tale richiesta.
A tal proposito, visto che il processo è già slittato una volta per cavilli legali che appaiono assurdi – il ministero dell’Ambiente, che per legge «è parte offesa nei reati ambientali» non era mai stato convocato. E visto che sono già passati 5 anni, il rischio è che un nuovo slittamento faccia finire, con la possibile prescrizione, tutto a tarallucci e vino con buona pace delle varie associazioni e dei vari comitati che avevamo chiesto la costituzione di parte civile.
Non a caso nell’interrogazione presentata da Pedicini alla Commissione Ue veniva domandato come mai «ad oggi non è stata effettuata alcuna campagna di indagini per circoscrivere le aree che hanno subìto il danno, tantomeno sono stati programmati interventi di bonifica». E ancora, in ottemperanza alla Soil Framework Directive, «si chiede alla Commissione quali azioni vuole promuovere per garantire l’identificazione dei siti contaminati, così da arginare l’eventuale diffusione delle sostanze tossiche che potrebbero aver causato il peggioramento delle matrici suolo e acque e, in ultimo, costituire un pericolo per la salute pubblica».
Così come io continuo a chiedere come sia possibile che in una vicenda simile a quella della Terra dei fuochi sia calato un assordante, ancorché sospettosamente colluso, silenzio. E da presidente della Commissione ambiente del Comune Montirone, interessato proprio dallo sversamento dei fanghi tossici ho fatto verbalizzare «che ritengo che i cittadini hanno il diritto di essere informati di dove e cosa è stato coltivato su quei terreni, e quali e quanti prodotti provenienti da quei terreni avvelenati potrebbero essere stati messi in vendita».
E nella sua risposta la Commissione europea evidenzia che se il presunto danno ambientale si è effettivamente verificato e se l’inquinatore è responsabile ai sensi della direttiva (sempre che la prescrizione non giunga a salvare chi intercettato affermava «Io ogni tanto ci penso eh… Chissà il bambino che mangia la pannocchia di mais cresciuta sui fanghi… Io sono stato consapevolmente un delinquente») le autorità devono esigere che chi inquina intervenga per porre rimedio al danno. Nel caso in cui le autorità si rifiutino di intervenire il soggetto o le organizzazioni non governative interessati che ritengano tale rifiuto illegale possono avviare un procedimento di ricorso giurisdizionale dinanzi a un tribunale nazionale. Ed è per non correre il rischiò che un eventuale procedimento di ricorso giurisdizionale sia lasciato nella buona volontà di associazione e comitati che sono composti da “semplici” cittadini, che i parlamentari in primis, e gli altri eletti dai città a rappresentarli, devono assumersi oneri e oneri del loro ruolo.
Non va dimenticato, anzi va evidenziata che la proposta di direttiva sul monitoraggio e la resilienza del suolo, adottata dalla Commissione il 5 luglio 2023, prevede l’obbligo per gli Stati membri di individuare ed analizzare i siti potenzialmente contaminati e di affrontare i rischi inaccettabili per la salute umana e l’ambiente causati dalla contaminazione del suolo per contribuire a creare un ambiente privo di sostanze tossiche entro il 2050. La proposta, che si applica a tutti i tipi di contaminazione del suolo integrando così la legislazione ambientale dell’UE in vigore, è attualmente all’esame del Parlamento europeo e del Consiglio.
*Direttivo nazionale MET
Movimento Equità Territoriale
(21 novembre 2023)
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