Il prode Donzelli e le accuse che vengono dalla pancia

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di Giovanna Di Rosa

Il governo Meloni ha un nuovo problema che si chiama Donzelli. E’ certamente abbastanza grande il problema, non il Donzelli, da permettere al governo Meloni di distrarre l’opinione pubblica dalle questioni serie: prima fra tutti l’incapacità di affrontare i problemi reali del paese, ma la faccenda che il Donzellin che vien dalla Toscana ha fatto esplodere ieri in parlamento con il suo sconsiderato attacco al PD deve far riflettere.

Va detto che probabilmente all’uomo sono capitate troppe responsabilità sul groppone in un colpo solo: vicepresidente del Copasir (dovrebbe dimettersi, e c’è da sperare che Meloni agisca in tal senso), componente privilegiato del cerchio magico della presidente del Consiglio (dicasi cerchio fracico), addirittura commissario della federazione romana mica perché ci sono problemi ma perché sotto elezioni si commissariano le federazioni (come da dichiarazione donzelliana a Tagadà). Dunque l’intento di disinnescare Rampelli col commissario Donzelli ha chiarito che a Meloni non piacciono le correnti, preferisce gli uragani.

Perché è un uragano quello che si sta abbattendo su Fratelli d’Italia e sulla loro peculiare idea di gestione del potere che viene direttamente dalle destre del secolo scorso, e tocca ritornare ai fatti. Come da mandato parlamentare, come da Costituzione, alcuni parlamentari PD tra cui l’ex ministro della Giustizia Orlando visitano in carcere il detenuto Cospito e valutata la situazione trasmettono al ministro Nordio la loro impressione, ovvero la necessità di trasferire il detenuto in sciopero della fame in un carcere dove sia possibile curarlo al meglio, date le condizioni di salute. Venti giorni dopo il ministro Nordio decidere per il trasferimento. Limpido come uno specchio d’acqua alpina.

Poi ci si mette Donzelli, il quale con un intervento di raro livore se la prende col PD usando un sillogismo semplice, ma poco efficace: il PD visita un anarchico in carcere il PD è anarchico – è una semplificazione della semplificazione perché semplificare è facile, come vedete. Poi però succede che vengono messi in mezzo documenti che Donzelli non dovrebbe conoscere, perché trattasi di documenti riservati che non dovrebbero uscire dal Ministero.
E qui citiamo Repubblica:


Il testo contiene informazioni coperte dal segreto istruttorio, tra cui intercettazioni ambientali preventive. Quelle informazioni, comprese le conversazioni, finiscono sul tavolo del sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro. Che le riferisce al suo collega di partito e amico (condividono la casa), Giovanni Donzelli. Il quale Donzelli prende la parola in aula a Montecitorio, durante un acceso dibattito sul caso Cospito, e rende pubbliche quelle notizie riservate e delicate, che non avrebbero potuto superare le mura del ministero della Giustizia, per utilizzarle come arma nella contesa politica con l’opposizione. Basta questo per spiegare perché il governo di Giorgia Meloni da ieri ha un nuovo problema. Grande.

La presidente del Consiglio avrebbe minimizzato, scrive ancora Repubblica, dicendo qualcosa tipo il rinverdire l’idea donzelliana che la “sinistra non prenda una posizione di condanna netta”, ma succede che colui che stando al racconto di Repubblica avrebbe parlato a Donzelli (suo compagno d’appartamento) e non avrebbe dovuto farlo di quei documenti riservati sia proprio il viceministro di Nordio il quale, al contrario di Meloni, potrebbe decidere di minimizzare.

Vista la situazione ingarbugliata, e le figuracce di entrambi, invece di minimizzare la presidente del Consiglio Meloni potrebbe optare per una saggia decisione: liberarsi di entrambi costringendoli alle dimissioni incominciando, per il bene dell’Italia prima che per il suo personale bene, a circondarsi di persone con capacità politiche che evitino di confondere le aule parlamentare con le vendette da prima elementare. Citiamo qui la stessa Meloni:

“Screzi con Macron? Non siamo alle elementari”…

che ci sembra adatto ad ogni circostanza. E, tanto per chiudere in bellezza, quel ministro Nordio di cui sopra non ha, a parole, nessuna voglia di passare sopra la faccenda e annuncia di avere “chiesto al capo di gabinetto, Alberto Rizzo, di ricostruire con urgenza quanto accaduto in relazione alle circostanze riferite nell’assemblea parlamentare del 31 gennaio 2023″.

 

 

(1 febbraio 2023)

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