di D.S.
Nei giorni scorsi siamo stati sì piacevolmente intrattenuti dalla storia che ha commosso l’Italia della giovin stakanovista che lavora a Milano e vive a Napoli che parte al mattino presto e rientra a notte tarda, per potersi concedere il lusso di lavorare. La gradevole storia ha scomodato persino giornalisti di grido (aiuto!) che da emittenti radiofoniche nazionali di sicuro prestigio c’hanno dedicato quasi un’intera mattinata, alla gradevole storia della giovin stakanovista, con dovizia di orari di partenza e ritorno (al minuto ce li hanno dati, i certosini), pranzi e colazioni in treno, possibili orari di inizio e fine lavoro, sconti sulle varie Frecce, toni di fintissima compassione e felicità nascoste per essere riusciti finalmente a riempire un’altra mattinata di programmazione con storielle che non servono nemmeno a chi le racconta. Dopodiché l’oblio. Della storiella e della giovin stakanovista si persero le tracce.
“Che accade? Che accade? Che accade?” [cit.]; non sappiamo.
Mio figlio ha 26 anni, lavora all’estero in una megalopoli e fa il fornaio. Per iniziare il lavoro alle 22.30 esce di casa alle 21.00 e rientra, dopo avere finito il lavoro alle 8 del mattino, alle 9.30. E’ pure contento di farlo. Non sarà che in quel paese (che non nominerò) mancano giornalisti di grido (aiuto!) che da emittenti radiofoniche nazionali di sicuro prestigio riempiono gli spazi con storielle pur di raccontare qualcosa? Pensate voi cosa si perdono.
(22 gennaio 2023)
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