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Il Diktat del Tribuno: “In Lega decido io” (e si vede con quali risultati)

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di Giovanna Di Rosa, #polirica

E’ terminato in parità il match tra SalviniGiorgetti che non si gioca sulla poltrona di segretario, una poltrona ad orologeria già programmata per la grande esplosione e l’unico a non accorgersene è Salvini, ma la tregua è lì. Durerà un mesetto, più o meno, e per la prima volta si assiste ad una battaglia politica non in nome della poltrona, ma in nome della collocazione politica e del futuro del paese: è già un cambiamento.

Naturalmente Salvini punta i piedi. Inconsapevole della realtà della sua azione politica inconcludente, passando come uno schiacciasassi sopra tutti gli errori fatte, le ormai innumerevoli elezioni perse – possibile che nessuno glielo rinfacci, nemmeno pubblicamente? – e ha detto “Basta! A chi mette in discussione la linea della Lega”, con applausi scroscianti degli yes men di cui il Tribuno Ondivago si è circondato e l’apparente silenzio di chi si oppone a una linea che non c’è. Del resto avere la cieca convinzione che la Lega abbia una linea è già una linea: una linea che procede a zig-zag (scusateci l’ossimoro, ma visto il soggetto non se ne può fare a meno), diversa tutti i giorni: alla perenne rincorsa dei sondaggi, alla perenne rincorsa di Meloni, alla perenne rincorsa dei No vax, alle perenne rincorsa dei No Green pass, alla perenne caccia della poltrona di Lamorgese, alla perenne maledizione dei negher, alla perenne verbosità torrenziale inconcludente e vuota, al perenne “Stravinceremo” per poi essere suonati, al perenne giustificare tutte le porcate di qualsiasi leghista possibile, al cambiare casacca da un giorno all’altro (da comunista anti-proibizionista a leghista ortodosso proibizionista c’è tutto un mondo in mezzo). Salvini è politicamente un buco nero: prende i problemi, li tritura e li risputa rivisti e corretti come se fossero risolti. E poi passa ad altro.

La guerra nella Lega è tanto più cruenta perché la si dà per risolta con un diktat illiberale e con gli applausi dei civil servants, ma la Lega che vince nelle urne è quella dei governatori, è quella giorgettiana, è quella di Luca Zaia. La Lega di Salvini è un formidabile strumento propaganditistico che perde tutte le elezioni. E chi vuole una Lega di governo non ne può più.

Del resto la dimensione lillipuziana delle menti politiche leghiste prone al Segretario-Tribuno è riassunta in un’affermazione politicamente demenziale: “Impensabile entrare nel Ppe, è debole. Si perde inseguendo la sinistra”. Il Ppe che governa l’Europa da trent’anni è considerato politicamente “debole”. La Lega di Salvini sembra più un asilo infantile di statisti in erba che non sono in grado di capire la lezione, che un partito di politici accorti che sanno annusare l’aria. E con l’aria che tira, al loro posto, metteremmo la maschera antigas.

 

(5 novembre 2021)

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