Pressione Fiscale ed Evasione: tra mito e realtà in un paese allo sbando. Lorenza Morello c’è

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di Lorenza Morello #Economia twitter@gaiaitaliacom #lorenzamorellocè

 

Come diceva qualche giorno fa un caro amico, peraltro esperto del tema, c’è una tabella che pesa come un macigno sull’Italia e che il Governo Conte farebbe bene a consultare: è quella sulla pressione fiscale complessiva (tassazione sui profitti delle imprese, tassazione sul lavoro e altre tasse) messa a punto da Ambrosetti.

L’Italia è la prima in classifica in tutta Europa (64,8%).
La media Europea è al 40,6%.

Ecco la classifica completa:

1°) Italia 64,8%
2°) Francia 62,7%
3°) Belgio 58,4%
4°) Spagna 50%
5°) Grecia 49,6%
6°) Svezia 49,1%
7°) Germania 48,8%
8°) Portogallo 41%
9°) Paesi Bassi 41%
10°) Norvegia 39,5%
11°) Finlandia 37,9%
12°) Gran Bretagna 32%
13°) Svizzera 28,8%
14°) Danimarca 24,5%.

Purtroppo, chiosava il mio amico, c’è poco altro da aggiungere, se non che classifiche come questa dimostrano il livello esagerato di imposizione cui sono sottoposte tutte le imprese italiane. E indicano la strada che l’esecutivo deve intraprendere al più presto: abbassare le tasse alle aziende.
Ecco, allora mi chiedo e vi chiedo, quante volte abbiamo fatto e sentito parole come queste? La risposta è semplice: troppe.
Invece di affrontare questo tema, se non a parole quando si è in minoranza (è infatti il tipico cavallo di battaglia dell’opposizione ma troppo scomodo da sostenere quando per le alternanze politiche si torna in maggioranza -ché, a quel punto, si dovrebbe far qualcosa!-) ogni governo per abbellire il bilancio, e di abbellimento si tratta, inserisce una certa cifra come recupero dell’evasione fiscale. Che poi questa sia legata a filo doppio con la pressione fiscale inusitata è invece un tema che si preferisce usare come “alibi” delle partite iva, anziché affrontarlo come problema reale.
Ebbene, allora ci si dovrebbe quantomeno chiedere come mai, posto che ogni anno si recupera una somma consistente dall’evasione fiscale, si continua ad inserire in bilancio una cifra da recuperare: l’evasione è un pozzo senza fondo? Non ha mai fine? Dopo anni di lotta e di recupero e con la creazione di tante leggi di polizia fiscale da far impallidire i regimi non democratici, come è possibile che possa esistere ancora una così alta evasione da poter inserire in bilancio una consistente somma da recuperare? E tutti i plausi che si fa la solerte amministrazione a che servono allora?
Non si può non ritenere, allora, che il tutto sia piuttosto un artificio contabile per aggiustare il bilancio dello stato e buttare un po’ di fumo negli occhi degli ignari cittadini che, così, hanno un comodo capro espiatorio su cui sfogare le loro frustrazioni.

Una recente ricerca quantificava in circa 200 miliardi gli sprechi dello stato, cifra superiore all’evasione stimata che come tale è un numero piuttosto nebuloso. Ma di questo si parla poco e non sempre con piena contezza. Inoltre, poiché come noto l’evasione è inclusa nel Pil e posto che quest’ultimo è in relazione con l’emissione dei titoli di stato, è piuttosto evidente l’interesse dello stato a gonfiarlo il più possibile.

Un altro aspetto della lotta all’evasione da mettere in conto è che ogni anno diventa sempre più difficile trovare ulteriori cifre evase. Se ogni anno si recuperano somme dell’evasione, diventa sempre più difficile trovare altri evasori diventando sempre più costoso scovarne di nuovi, trasformando la lotta all’evasione in un costo. Un po’ come succede con le società di recupero credito che alcuni piccoli crediti li lasciano perdere perché costerebbe di più l’onorario dell’avvocato della cifra da recuperare.

Fatte queste considerazioni generali, bisogna necessariamente esaminare come nella realtà venga fatta la lotta all’evasione. Quando l’importo dell’evasione fiscale viene messo a bilancio entro fine anno deve essere in qualche modo recuperato. Il ministero dirama le direttive ai vari livelli che deve essere recuperata una certa cifra entro fine anno come se fosse il budget da raggiungere di una qualsiasi azienda, solo che in questo caso viene fatto sulla pelle dei cittadini in maniera coercitiva. Non si tratta di aumentare il budget delle vendite con promozioni e pubblicità, ma tirar fuori i soldi dalle tasche dei cittadini sfruttando la forza dello stato. Il problema è che la lotta all’evasione vera, quella fatta da imprese fantasma, da lavoratori in nero e spesso di vere e proprie truffe ai danni anche dei clienti o di imprese colluse con la criminalità organizzata richiede tempo e risorse, ma quando si arriva fine anno e bisogna fare il budget indicato dal ministero, altrimenti salta la parte variabile dello stipendio e in più si riceve una lavata di capo del proprio superiore che a sua volta se non raggiunge gli obiettivi non prende il “premio di produzione” come si fa? Si vanno a cercare i peli nell’uovo alle imprese regolari, tanto con tutte le leggi e i regolamenti in vigore qualcosa da contestare si trova sempre e se non si trova si inventa ,tanto l’importante è raggiungere il budget e permettere di iscrivere quella somma nel bilancio dello stato come incasso e non importa che poi il contribuente farà ricorso e lo vincerà e quella somma non sarà mai incassata, l’importante è che in quell’anno venga iscritta quella cifra come incasso. Questo è il dramma della lotta all’evasione fiscale che alla fine si accanisce sui contribuenti onesti e conosciuti al fisco, mentre i veri evasori con attività al di là della legalità possono sperare di farla franca. Non solo. Le somme iscritte a bilancio come incasso dell’evasione fiscale sono in parte virtuali per il meccanismo evidenziato sopra, per cui si contesta qualcosa anche se si sa che il contribuente vincerà il ricorso e anche perché in caso di vere e proprie attività criminali la somma contestata comprensiva di multe, mora, interessi e spese di incasso non sarà mai riscossa perché superiore al valore dei beni sequestrati.

Insomma un gigantesco artificio contabile per abbellire il bilancio dello stato e dare un comodo capro espiatorio ai cittadini che così distolgono lo sguardo dagli enormi sprechi statali. In più bisogna aggiungere i danni provocati alla crescita economica causati dall’accanimento sui contribuenti onesti che sono costretti a rivolgersi a commercialisti e avvocati con relative spese per vedersi riconosciuti di essere nel giusto. Tempo e denaro sottratto all’attività produttiva. E il Pil continua a decrescere, ma a chi vive di politica, cosa importa?

 

(15 febbraio 2020)

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