Quella che “Conte miglior presidente del Consiglio d’Italia dopo Pertini”. Poi le scuse, peggiori del commento, con risolino finale

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Meloni: “Io non sono Mosè”. Va detto che si nota

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Torino, 25 marzo aperto l’Ufficio passaporti

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La Polizia Locale rianima un uomo in arresto cardiaco in centro a Milano

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Torino. La Polizia sequestra 2,7kg di metanfetamina-shaboo

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Bologna tra le città più felici del mondo

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“Smiley”, divertente serie spagnola di Netflix (ma quanta solitudine)…

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di Daniele Santi #Politica twitter@gaiaitaliacom #pentanarrazioni

 

Così la, per ben due volte, candidata grillina alla presidenza della Regione Abruzzo ci ha deliziato con il suo delizioso e colto eloquio, con un’apologia di Conte che conteneva, ahinoi, un errore imperdonabile – per sua ammissione – dovuto alla fretta. Perché la fretta di apparire, anche a costo di scrivere incongruenze, è un problema sempre più frequente, incontrollabile, incontrollato, fuori controllo.

Sara Marcozzi, bell’aspetto, sorriso smagliante, nella foto con Il Fondatore, è una della tante (troppe) candidate-cittadine messe in campo dall’esperimento forcaiol-filoleghista del guitto incosciente, che ha messo in campo una forza politica così determinata a cambiare l’Italia dalla radice da essere persino disposta a distruggerla. L’Italia.
La sconfitta candidata presidente Marcozzi si è immediatamente posizionata, dopo le scalcagnate apparizioni e le sconfitte consecutive per le elezioni abruzzesi, per far notare a Conte, presidente dimissionario con discorso accusatorio al seguito e sorrisi di Di Maio al fianco nel tripudio del grillismo parlamentare che applaudiva ossessivamente al suo stesso fallimento, perché proprio non si rendono conto di niente, che lei era al suo fianco. Ché del doman non v’è certezza.

Mazza ha così celebrato la più che scontata caduta di un governo inesistente, celebrando – repetita juvant – la figura del presidente del Consiglio che ha scoperto al momento delle dimissioni da quale razza malvagia fosse stato partorito il suo alleato di governo, quell’alleato che ha svuotato – lo ha svuotato: Marcozzi se ne accorga – il M5S del 25% dei voti che la congrega di cittadini impreparati messa in piedi dalla ditta Grillo-Casaleggio si era guadagnata con le sue promesse impraticabili in cinque anni di fake news e campagna elettorale continua.

Celebrando il Capo celebriamo noi stessi, anche qui la Lega insegna, e non si sa mai che mettendosi in prima fila tra i celebranti al celebrato non venga, in un raro rigurgito di umana riconoscenza, l’idea di candidarmi per una poltroncina da una parte o dall’altra da un partitino all’altro.

Parliamo delle umane ambizioni, spesso cieche, che certamente non collimano con quelle di Marcozzi che per noi ha soltanto un difetto: quello di avere postato una roba che non stava né in cielo né in terra e di avere poi pubblicato un nuovo post, correttivo del precedente, con la pretesa di essere anche sagace.

Di questo l’Italia ha bisogno: di aspiranti governanti che non sappiano nemmeno di cosa stanno parlando e poi escano dall’imbarazzo con una battuta, guadagnandosi il plauso dei dementi da social, altro che di gente che sappia governare, far di conto, conosca il funzionamento delle istituzioni, come si scrivono le leggi e come votarle. Al di là della propaganda.

 

(22 agosto 2019)

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