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Quando la sana onestà viene colpita dalla sfiga della tentata estorsione che è tutta un equivoco

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di G.G. #Appendino twitter@gaiaitaliacomlo #Politica

 

E’ così forte la tensione verso la coerenza e l’onestà che nessuno in questo paese rispetta e osserva, a parte loro, meravigliosa setta di Eletti, che poi -tanta è la necessità di apparire onesti e coerenti – che si rischia di sfociare nella tentata estorsione, nella disonestà più bieca, nell’incoerenza più ciarlatana. Tentata estorsione che è naturalmente tutta un’equivoco.

Il tutto un equivoco è riconducibile all’intera avventura dell’invidia sociale fatta istituzione inaugurata dalla Sciagurata Diarchia casaleggiogrillica e che, complice il momento storico, l’ignoranza e le fake news, abilissimamente ricondotte a politica dello squallore quotidiano, al quale gli italioti sono così sensibili, ha trionfato alle elezioni del 4 marzo.

Parliamo di una giunta, quella torinese, e della Sindaca Chiara Quella Brava Appendino, che pochissimo ha combinato e che ha brillato soltanto per la breve stagione post-Fassino quando la giunta funzionava in automatico con le delibere che la precedente giunta aveva licenziato per la gestione ordinaria affinché i geni del cambiamento su tutto, cioè dell’immobilità assoluta, potessero operare dall’alto della loro Scienza. parliamo di collaboratori che la Sindaca Chiara Quella Brava Appendino deve avere scelto un po’ a cazzo, scusateci il francese, perché in quella giunta ne sono successe di tutti i colori. Sorvoleremo per umana compassione sulla tragedia di piazza San Carlo (Sindaca indagata, allora in gita a seguito della Juventus), sorvoleremo per umana compassione sulla questione del collaboratore di Quella Brava che faceva togliere le multe agli amici, o almeno ci provava; nemmeno citeremo la consigliera che andava a prendere la figlia a scuola con l’auto blu; sempre per umana compassione parleremo invece di Luca Pasquaretta fortemente consigliato a dimettersi dopo un paio di scandaletti di nessuna importanza, cosa vuoi che sia uno scandaletto di fronte all’eternità dell’onestà e della coerenza, che avevano a che fare con una consulenza al Salone del Libro, e qui tocca citare Repubblica.

L’inchiesta sull’estorsione ai danni della sindaca Chiara Appendino non sarebbe partita da una denuncia della prima cittadina pentestallata, ma dall’intercettazione del telefonino dell’ex portavoce, Luca Pasquaretta, ora indagato per estorsione, traffico illecito di influenze e turbativa d’asta. Nelle tante ore di telefonate del “pitbull” di Appendino gli inquirenti hanno scoperto che il giornalista cercava di ottenere colloqui di lavoro e appuntamenti con personalità influenti della politica e dell’imprenditoria per ottenere nuovi incarichi dopo che la sindaca lo aveva convinto a dimettersi per lo scandalo della consulenza al Salone del Libro. Nelle minacce che Pasquaretta avrebbe rivolto, anche non direttamente, ad Appendino si fa riferimento all’attività politica e amministrativa della giunta pentastellata e al rischio che, facendo uscire determinate informazioni, la posizione dell’amministrazione e della sindaca su tutti sarebbe stata screditata. Soprattutto l’ex portavoce avrebbe minacciato di mettere in cattiva luce Appendino con la sua maggioranza, mettendo a rischio la tenuta della giunta.

Ora il buon Pasquaretta è fido collaboratore di Laura Castelli, altra principessa del dorato mondo del pentastellismo favolistico, alle prese con un processo da nulla come per diffamazione aggravata. la quale ha, a sua volta, interrotto la collaborazione col povero Pasquaretta al quale non ne va bene una e non può far altro che dire che è “Tutto un equivoco”.

Lo speriamo anche noi. Dal profondo del cuore. Perché non è mai un bello spettacolo assistere alla caduta degli dei, a meno che non si parli del magnifico film di Luchino Visconti nel quale si narra con maestrìa, accento sulla “i” per gli amici del pentaleghismo, e con colte citazioni come finiscono i fanatici dell’invidia al potere che non sanno nulla, valgono ancora meno e si gonfiano molto. Poi c’è un “Se apro bocca io…” che rimane lì sospeso e che potrebbe voler dire molto. E naturalmente potrebbe anche non voler dire niente.

 

 




 

 

(4 febbraio 2019)

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