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L’Arte vista da Emilio Campanella: “Che un vento di follia totale mi sollevi” o di Osvaldo Licini

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di Emilio Campanella #lartevistadaemiliocampanella twitter@gaiaitaliacom #osvaldolicini

 

Questo il titolo della nuova bellissima mostra dedicata dalla Collezione Guggenheim di Venezia, ad Osvaldo Licini. Curata con la consueta attenzione e l’approfondimento che lo contraddistingue, da Luca Massimo Barbero, si potrà visitare sino al 14 gennaio 2019. Il percorso si snoda nel consueto, raccolto e suggestivo spazio destinato alle esposizioni temporanee e parte dal 1913 per arrivare al 1958, anno della morte, a soli due mesi dall’assegnazione del Gran Premio per la Pittura della XXIX Biennale, unico ad un italiano. Marchigiano, nato nel 1894, è qui rappresentato da novantotto opere, alcune delle quali mai viste dopo il 1958, altre da più tempo ancora, disposte in undici sale. Testimonia con la cura editoriale consueta l’importante esposizione, il bel catalogo edito da Marsilio.

Le prime sale evocano gli inizi di un pittore decisamente distaccato da esperienze artistiche coeve. Influenzato sì, ma già con determinate caratteristiche che gli saranno precipue. Ci sono, infatti, delle linee che percorrono i quadri, e che ritorneranno in tutta la sua produzione. Sono le sinuose linee del paesaggio marchigiano così speciale e così noto grazie ad un poeta che in molti amiamo moltissimo: quel Giacomo Leopardi, marchigiano anche lui, certo!

All’inizio sono agili figure, gruppi. Ma ben presto nei paesaggi frequenti, compaiono angeli ed arcangeli che torneranno spesso, insieme ad altri personaggi che abiteranno molte tele dell’artista. Licini pittore, narratore, poeta, molto legato alla scrittura, alla poesia. Licini dei Racconti di Bruto, personaggio che donerebbe il suo cuore a chi lo desidera, ma il cui dramma è che nessuno lo vuole. Gli angeli ribelli della maturità sono suoi parenti stretti. Penso in particolare ad Angelo ribelle con il cuore rosso del 1953, di Collezione Privata, presente in mostra. Procedendo con ordine, si trovano le esperienze che denotano l’influenza dei soggiorni parigini, come la conoscenza diretta della pittura di Rembrandt, che lasciò segno tangibile nella matericità del lavoro di ridipintura a strati molteplici che sarà sempre più una cifra stilistica riconoscibile. Nel percorso espositivo sono creati raffronti-corto circuito con Morandi per il paesaggio; di linee e ritmi con Melotti, con Fontana; anche e soprattutto nelle sale dedicate alla Galleria Il Milione di Milano. Il geometrico tridimensionale, cromaticamente coraggioso e provocatorio, tanto che Castello in aria del 1935-1936 (Collezione Augusto e Francesca Giovanardi, qui esposto) subì attacchi fisici da parte di detrattori.

Esiste una foto di Peggy Guggenheim, accanto al quadro, alla XXIX Biennale, del 1958, riportata in catalogo. E poi sono i personaggi della maturità come Amalassunta, bambinaccia anarchica e capricciosa, tenera ed irritante, principessa ostrogota con la sigaretta fra le labbra, comparata e sovrapposta alla luna, che vola nel cielo, su sfondi di colori saturi. In quei cieli si muove anche l’Olandese Volante, inquieto ed ossessionato, dannato e santo, insieme e raffrontandosi con quegli angeli ribelli.

Ognuno di loro, nel suo cielo privato magico e numerologico del Licini Errante, Erotico, Eretico, ma anche molto ironico. Tutto questo, fissato sulle pagine del bel catalogo, come accennato all’inizio.

Cliccando sulla foto in basso potrete ascoltare la bella audio-descrizione della mostra di Osvaldo Licini per la trasmissione in #podcast di Radiogaiaitalia.com “L’Arte parlata da Emilio Campanella”.

 





 

(1 ottobre 2018)

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