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Susanna Camusso, la CGIL, il referendum fallito ed il terreno che frana sotto i piedi

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di Giovanna Di Rosa

 

 

 

 

 

 

Va detto, che per Susanna Camusso non butta bene: per la ex potentissima leader della CGIL vedere svanire 3 milioni di firme come se niente fosse, pare per una svista dei giuristi del sindacato non è un buon segno. Non è un buon segno nemmeno che una donna di potere come Susanna Camusso utilizzo un linguaggio discutibile paragondando i voucher ai pizzini dei mafiosi salvo poi utilizzarli. La CGIL sui voucher ha proprio fatto un bel casino. Non può sfuggire nemmeno a chi è pro Camusso che la CGIL ha una enorme reponsabilità negli accadimenti che hanno portato alla situazione odierna, così duramente e pervicacemente condannata, avvallando le decisioni dei Governi (da Prodi a Monti a Letta) quando i governi in questione erano retti dalla “parte amica” del PD, o almeno da quella parte del PD nella quale Susanna Camusso si riconosce e della quale parla lo sterile linguaggio. Tante parole, ma fatti nulla. E non può sfuggire nemmeno a chi è pro Camusso, onestà intellettuale permettendo, che i problemi con i pizzini, scusate, coi voucher, con l’art.18, con tutto ciò che Susanna Camusso ha contestato negli ultimi lunghissimi mesi, abbiano a che fare con l’insofferenza verso Matteo Renzi che non è certo uno che le manda a dire, nemmeno a Camusso, e per questo non ispira subitaneo ed assoluto amore, per così dire. Per Camusso il terreno sotto i piedi si è fatto un tantino friabile e temiamo che il suo sacrificio sull’altare di una più conservatrice modernità, sia necessario quasi come il ragù alle tagliatelle alla bolognese. Per tempi e modi ci si affiderà all’altissimo, ma lo sbraitare di Susanna Camusso in tutte le sedi, la continua ricerca di visibilità, non depongono a favore della stabilità della sua poltrona.

 

 

(14 gennaio 2017)

 

 





 

 

 

 

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