di Giancarlo Grassi
Il Gambia minaccia di abbandonare la Corte penale internazionale, decisione che seguirebbe – se applicata – il ritiro di Burundi e Sudafrica perché la Corte perseguiterebbe ed offenderebbe le persone di colore e soprattutto gli africani. Una propaganda interna priva di senso e assolutamente ridicola considerando che l’Alta Corte ha rappresentato per molti anni l’unica speranza per molti africani di ottenere giustizia per vessazioni terribili, quella giustizia che gli veniva negata da quegli stessi leader che oggi l’accusano. Nel caso del Gambia poi, la presa di posizione è assolutamente fuori da ogni logica, dato che lo stato del dittatore Yahya Jammeh non collabora nemmeno con gli organismi giudiziari africani, e la giustizia – in Gambia – non si sa nemmeno dove stia di casa. Nello stato dell’orrido dittatore le sparizioni e le uccisioni di giornalisti sono all’ordine del giorno nonostante, Jammeh è il principe della propaganda ad uso interno, la Commissione africana sui diritti umani e dei popoli abbia proprio sede a Banjul, capitale del Gambia e che uno dei membri più rilevanti della Corte che Jammeh contesta, sia Fatou Bensauda, cittadina gambiana promotrice instancabili di campagne mondiali contro l’impunità.
Lo scrive Amnesty International.
(28 ottobre 2016)
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