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#Visioni di Mila Mercadante: “Panama papers”, nome da film porno dedicato ad onanisti dominati

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Mvd6760230di Mila Mercadante   twitter@Mila56170236

 

 

 

 

 

 

 

Passata l’ubriacatura da papers piccanti salta agli occhi un fatto anomalo: gli USA non compaiono nella lista dei Paesi che hanno rapporti col Mossack Fonseca. Tutti santi e senza macchia i ricchi statunitensi? Non è possibile, non ci crede nessuno. Gli americani veramente ricchi le tasse non le pagano, garantito: ogni anno nei paradisi fiscali offshore e anche a Panama arrivano cento miliardi di dollari evasi. Anche di più. Lo ha dichiarato Bernie Sanders, non a ridosso dello scandalo Panama Papers ma nel 2011 in Senato, durante un discorso contro l’accordo sul libero scambio tra Stati Uniti e Panama. Sanders quell’accordo non lo voleva, era convinto che firmandolo si sarebbe persa ogni possibilità di contrastare l’evasione, favorendo le grandi aziende, i capitalisti, la corruzione internazionale e il riciclaggio di denaro sporco proveniente dai cartelli della droga. Nel 2008 ben 17 grandi aziende americane avevano il controllo di 42 filiali panamensi, e Sanders questo dato lo citò. L’accordo Panama-USA si fece.

 

C’è chi sostiene esattamente il contrario di quanto affermava Sanders. Secondo altri commentatori (eohiggins.com) l’accordo di libero scambio con Panama avrebbe reso molto meno interessante per gli statunitensi l’utilizzo di quel paradiso fiscale a causa di una clausola che stabilisce alcune regole in materia fiscale: ciascuno dei due Paesi è tenuto a fornire all’altro – se richieste – informazioni sul conto di aziende, persone, trust, fondazioni e quant’altro. Se è vero che la clausola rappresenta un deterrente, diventano inspiegabili i dati che emergono da una mappa interattiva elaborata e pubblicata da Brian Kilmartin, vice caporedattore di The Irish Times, dalla quale vengono fuori parecchi statunitensi legati al Mossack Fonseca: per l’esattezza 211 beneficiari, 3467 azionisti, 441 clienti e 3072 aziende. Nella mappa non si fanno nomi, compaiono solo i numeri.

 

La spiegazione sul non coinvolgimento degli USA potrebbe essere un’altra: se diamo per scontate le buone intenzioni di coloro che hanno voluto far emergere uno scandalo che riguarda i super super ricchi del globo, dobbiamo dedurre che le informazioni sono state manipolate. Da chi? Dal Center For Public Integrity americano, il quale finanzia il Consorzio Internazionale Giornalisti Investigativi. Sono stati pubblicati in questi giorni i nomi di questi finanziatori, e tra i più noti risaltano le fondazioni appartenenti a Carnegie, Ford, Rockefeller, Soros, Kellogg. Dunque i paperoni avrebbero scelto di far divulgare solo una parte dei database a disposizione, e di tenere segreta tutta la documentazione riguardante le multinazionali o i miliardari occidentali.

 

La storia non finisce qui, ci saranno altre rivelazioni, compariranno i nomi di altri personaggi dello spettacolo e di altri campioni sportivi, saranno chiamati in causa piccoli Stati occidentali, mediorientali, altri russi e un bel po’ di cinesi, senz’altro verrà colpito anche qualche personaggio statunitense, ma è altamente improbabile che in futuro si possano verificare terremoti più violenti: le élites finanziarie occidentali non verranno neanche nominate.

 

Leggendo quel che vogliono si sappia – a puntate –  si pensa che senza quel mondo che si muove nell’ombra, oscuro e parallelo, tutto sarebbe diverso, migliore. Lo si pensa e nello stesso tempo si comprende che nessun equilibrio è possibile, che niente di quel che è stato tolto verrà restituito, che niente cambierà. Dopo aver espresso tutti grande soddisfazione di fronte allo smascheramento di corrotti e potenti, bisognerebbe iniziare a porsi delle domande, per esempio ci si potrebbe chiedere se la facilità con cui chiunque può essere messo a nudo faccia male ai forti oppure ai deboli, alle masse. Il totale controllo delle nostre esistenze – dei poveri e dei ricchi – fa paura, e deve far paura anche quando sembra vacillare quella fetta di umanità disonesta che non ci piace. La ragione? Il controllo è dittatura, e dittatura significa tendere alla demobilitazione delle masse, non alla loro mobilitazione, all’esclusione e non alla partecipazione. Siamo proprio sicuri che gli smascheramenti e le rivelazioni eclatanti servano a modificare o a riequilibrare gli assetti del potere finanziario e politico globale a favore della democrazia e della giustizia sociale? Senza crisi e senza qualche sconfitta nessun sistema può reggere a lungo, implode. La continuità e il successo non si garantiscono con l’inattaccabilità: di tanto in tanto l’1% dei dominanti deve dare contentini ai dominati.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(11 aprile 2016)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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