di Il Capo
Coloro che seguono questo giornale, ci vantiamo di avere un pubblico di cultura medio alta e affezionato, ce lo dicono anche gli “insights” relativi a visitatori e pagine lette, si sono sempre ammazzati dalla risate seguendo la rubrica “La Pagina de La Lurida”, una rubrica nata per divertire e sdrammatizzare eventi e notizie, con uno stile boccalone ed irriverente, perché “io amica, ti averto, che scrivo come parlo”… Così mi disse La Lurida (così vuole firmarsi e così la citerò), nativa di Imola che scrive – per l’appunto – come parla. Usa cioè un italiano incolto, strampalato, che è quello che si usava nei campi dove lei è nata. Fino ad ora solo una contestazione, pesante e ingiustificata, di una modenese che su Twitter usò modi sgradevoli riferendosi a La Lurida, la quale rispose con un tweet da manuale. In perfetto Italiano. La modenese contestatrice scomparve.
Un paio di giorni fa, subito dopo l’approvazione della Legge Cirinnà al Senato, La Lurida ci inviò l’articolo Così cz’abiam le Unioni Cizivili, adesso che non me la chiede più nesuno, che era evidentemente un “meglio tardi che mai” rivisto e corretto (traduciamo per chi non è né ignorante né analfabeta [cit]…).
Dalla nostra pagina Facebook pubblichiamo il commento di uno dei troppi ghei che si sentono solo ghei e che nella vita hanno solo il loro essere ghei a seguito del post “incriminato”.
Al Signore in questione, sulla cultura del quale non vogliamo nemmeno soffermarci, basta dare un’occhiata a ciò che scrive sulla sua bacheca, vogliamo raccontare una storiella.
La Lurida è un uomo molto in là con gli anni, così in là con gli anni che ci ha già detto che non sa per quanto tempo potrà continuare ad inviarci articoli, un uomo la cui omosessualità è stata scoperta quando aveva 15 anni: ammazzato di botte e quindi buttato fuori di casa e minacciato di morte se fosse ritornato, quest’uomo che oggi si firma La Lurida non ha avuto altra scelta che infilarsi un paio di tacchi, assumere modi femminili e guadagnarsi da vivere come meglio poteva. Dato che le botte della famiglia d’origine non erano bastate continuava a prenderne da polizia e clienti, ma per la gente come lui ai tempi non c’era scelta, quindi i tacchi erano l’unica alternativa. Questo di notte. Di giorno andava a scuola prima e frequentava l’Università poi (Lettere Antiche, per la cronaca e poi già che per la seconda laurea occorrevano solo pochi esami anche quella in Lettere Moderne), ma sapete com’è, sono parole sue, “Quando t’entrano i soldi faczili poi il mestiere non lo butti micca via” e bla bla bla… Personalmente gli devo tanto: quando ero poco più che un adolescente pieno di dubbi ed arroganze, mi ha fatto da padre e da madre. Insegnandomi tante cose. Prima di tutto il rispetto per gli altri. Amo quest’uomo come se fosse parte della mia famiglia.
Per il Signore che digita indignazione sulla tastiera per esaurire il suo compito di contestatore e poter continuare a dare la colpa agli altri con la coscienza tranquilla, sono anche disposto ad andare più in là: questo scrivente all’età di 16 anni baciava il suo ragazzo sotto casa, era il 1976, in un paesino di 500 abitanti. Senza sbraitare. Semplicemente rivendicando il suo diritto di amare chi amava, ed è riuscito a fare stare zitti tutti. Facendosi rispettare quando era il momento. Sarà che non c’era Facebook e si era costretti a risolvere i conflitti invece che crearli? Non so. Mi risponda Lei, Signore, dato che vedo che ha l’indignazione facile. E non è né ignorante né analfabeta.
Questi due racconti per dirLe Signore, a lei e tutti i ghei che son ghei solo loro, che se oggi in questa società che è diventata sempre più insopportabilmente intollerante anche grazie a chi si indigna per un post che non capisce perché non sa andare più in là del suo naso (non ci sono né errori di sintassi né di grammatica negli articoli de La Lurida, sono scritti semplicemente in dialetto locale, proprio come si scrive in romanesco o napoletano); che se oggi vivere, per chi ama le persone del proprio sesso, è diventato più facile e si è addirittura quasi arrivati ad avere una legge che permette di unirsi civilmente (sì, vi fa schifo e volete sposarvi, ma da qualche parte bisogava pur cominciare), lo si deve anche a chi ha preso botte e calci nel culo ed ha perso posti di lavoro e famiglia solo perché “era”, quando Lei e molti come Lei non eravate che spermatozoi ignari del vostro destino. Ammesso che ora del vostro destino abbiate coscienza.
Si rimane stupiti di fronte alla vostra dabbenaggine, Signori. Si rimane basiti di fronte alla vostra egopatia, Signori. Vi sentite offesi da qualsiasi manifestazione vi suoni contraria a quelle che vendete come istanze (quali? cambiano tutti i giorni ed inseguono chi grida più forte), ma sono grida di dolore di gente che non sa dove andare. E non per responsabilità altrui.
Se davvero aveste a cuore i diritti, i vostri, i nostri, che sono anche quelli di tutti, se davvero voleste una società migliore comincereste ad agire e parlare come persone che ricordano che c’è sempre chi sta peggio, e dirigendo in quella direzione i vostri sforzi cambiereste il mondo. Invece no. Postate stupidaggini su un social network prendendovela per un nonnulla.
Non c’è legge che possa porre rimedio alla stupidità e all’infelicità. Il superamento di entrambe richiede sforzo personale e capacità di guardarsi per come sì è.
Tanti auguri, Signore. A Lei e quelli come Lei.
(27 febbraio 2016)
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