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L’Occhio di Alessandro Paesano: L’Orda Omofoba

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Alessandro Paesanodi Alessandro Paesano    twitter@Ale_Paesano

 

 

 

Come sapete due notizie della cronaca locale si sono imposte recentemente all’attenzione pubblica: il quarantenne aggredito su un autobus notturno a Genova da quattro ragazzi e due ragazze a colpi di catena e il giovane napoletano dipendente irregolare di un minimarket colpito con una stampella canadese dalla figlia del titolare. I due episodi sarebbero legati dalla stessa matrice omofoba.

 

Il quarantenne avrebbe guardato uno dei ragazzi facendo innervosire una delle ragazze (che guardi il mio ragazzo? Frocio di merda!!!) il dipendente irregolare di Napoli invece avrebbe richiesto spiegazioni ai continui insulti, anche davanti la clientela, ricevuti in quanto gay (femminello ‘e merd” “ricchione di sfaccimm”) e per risposta sarebbe stato preso a stampellate canadesi dalla insultatrice.

 

In seguito a queste due aggressioni omofobe la rete e la stampa sono tornate a parlare insistentemente di legge contro l’omofobia, e, addirittura, del ddl Cirinnà, quel disegno di legge segregazionista che non riconosce alle coppie dello stesso sesso il diritto a poter contrarre matrimonio, ma propone una legge ad hoc solamente per le persone omosessuali che possono contrarre una unione civile, un matrimonio di serie b, come di serie b sono per questo ddl i diritti gay (sic!). Parafrasando il noto proverbio io direi che in questi due casi si rischia di gettare con l’omofobo anche la persona aggredita e si conferma per me la deriva corporativista delle associazioni lgbt (di cui faccio parte) e la miopia culturale e cinica di quanti e quante in questi due casi hanno visto esclusivamente o precipuamente la questione omofoba.

 

Facciamo un esperimento ideale.

 

Riconsideriamo le due aggressioni e cambiamo solo un dettaglio. Nel caso del quarantenne cambiamo solo l’ordine sessuale dell’aggressione, facciamo finta che sia stato uno dei quattro ragazzi a risentirsi per lo sguardo di troppo rivolto alla sua ragazza. L’aggressione così riformulata ai vostri occhi ha la stessa gravità? Datevi una risposta e qualunque essa sia tenetela in conto che tra un po’ la affrontiamo.  Nel caso del ragazzo napoletano cambiamo la natura della discriminazione, facciamo finta che il ragazzo in questione non è gay ma ciccione. Ciccione ‘e merd.  Vi sembra che così posta l’aggressione sia meno grave?

 

A noi no.

 

Eppure, sono sicuro, che in cuor vostro, così trasformate le dinamiche di queste due aggressioni, voi le percepiate come meno gravi, di più ordinaria amministrazione, magari, nel caso dello sguardo sulla ragazza, anche più diffuse (quante risse in discoteca si sono scatenate per questo motivo?). Magari siete persone non etero, militanti o meno, e vi sentite chiamate in prima persona a una indignazione non solo di principio, ma che vi brucia sulla carne, purtroppo anche perché vi ricorda le discriminazioni che avete subito o potreste comunque subire voi. Questo occhiale omosolidale a me sembra che non ci faccia vedere il quadro nella sua interezza e che l’omofobia, psicologicamente e socialmente, serva a non farci rendere conto di un abbrutimento e un abbassamento degli standard della convivenza civile che sta avvenendo nel nostro Paese (e non solo).  Quel che dovrebbe far muovere la prima indignazione in questi due casi non è la causa, presunta o reale che sia, ma la reazione, non il merito ma il fatto stesso.

 

Qualunque sia il motivo, in uno Stato che si definisce civile, una datrice di lavoro non può picchiare con una stampella canadese un suo dipendente irregolare oun gruppo di passeggeri (e passeggere) picchiarne altri due in un mezzo pubblico. Se invece di basire per questo, ci basiamo esclusivamente sulla presunta matrice omofobica vuol dire che il cinismo ha inaridito la soglia pubblica della decenza, che ha bisogno di iniezioni di indignazione trovando nella lotta all’omofobia una fonte inaspettata.  Se questi due casi si sono imposti alla stampa e sulla rete in quanto esempi di omofobia, se insomma è l’omofobia a fare la differenza vuol dire che l’omosessualità ancora non fa parte dell’alveo della normalità, ma è ancora percepita come una eccezione da tutelare, da tollerare. Si riconosce cioè alla donna che ha picchiato un suo dipendente irregolare con una stampella canadese una ragione, per quanto esecrata, una motivazione intenzionale e razionale (che cioè ha un senso logico).

 

Perché lo ha picchiato? Perché è ciccione… Non ha senso. Ma se lui è ricchione allora sì. Lei è omofoba! e la società è salva, non è responsabilità di un uso diffuso della violenza è lei che una omofoba di merda (leggete i commenti alla notizia sula rete, il maschilismo e il sessismo con cui lettori e lettrici consigliano di punire l’aggreditrice…) che diventa il capro espiatorio di una intera società.

 

Una società che non solo è omofoba perché tollera e non integra, ma è abbrutita e usa a un tasso di violenza insostenibile che però non fa basire nessuno e nessuna. E l’omofobia diventa il velo pietoso sotto il quale nascondere una intolleranza pandemica e generalizzata che c’è ma non fa notizia. L’omofobia ci svia da un male più profondo che è la violenza fisica (o verbale, basta leggere i commenti sulla rete…) nella quale viviamo tutti e tutte quotidianamente e delle quali siamo così assuefatti e assuefatte da non rendercene nemmeno più conto.

 

Ora tutta la violenza è contenuta nell’orda omofobica cui fa gioco la percezione parziale dell’omofobia che ha la società limitata e di gran lunga inferiore al problema nella sua interezza.  Per l’opinione pubblica l’omofobia è percepita come tale solo se riguarda o implica una aggressione fisica e/o verbale.  Come emerso da uno studio del 2013 Citizens in Diversity: A Four-Nation Study on Homophobia and Fundamental Rights, molte persone non percepiscono come omofobici molti pensieri, giudizi, idee e atteggiamenti che in realtà lo sono. Secondo l’Istat il 59,1 % della popolazione italiana ritiene accettabile che un uomo abbia una relazione affettiva e sessuale con un altro uomo e il 59, 5 % che una donna abbia una relazione affettiva e sessuale con un’altra donna. Quasi  il 60%.

 

Certamente la maggioranza, ma non la stragrande, un 40 % pensa ancora di no.

 

Sempre secondo l’Istat il 73% della popolazione è in totale disaccordo con il fatto che non si assuma una persona perché omosessuale [dimenticando che la cosa è illegale persino in Italia] o non si affitti un appartamento per lo stesso motivo. L’Istat però fa notare anche come quasi la stessa percentuale, il 55,9% si dichiara d’accordo con l’affermazione se gli omosessuali fossero più discreti sarebbero meglio accettati. Finché l’omosessualità verrà percepita come accidente da tollerare e difendere con leggi speciali (come il ddl Cirinnà) e non come opzione standard di pari dignità vivremo sempre in una società omofoba.

 

La miopia che non ci fa riconoscere come omofobiche tutte le discriminazioni che le persone non etero subiscono quotidianamente, è la stessa che non ci permette di vedere che la violenza abbrutente nel nostro Paese non riguarda solamente l’omofobia ma è il sintomo di uno scollamento della civile convivenza che rischia di degenerare presto nella lotta civile. Io ho già messo i sacchi di sabbia alla finestra anche se vivo al sesto piano…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(9 agosto 2015)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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