di Iosonodio
Jovanotti è il ragazzotto di campagna che scrive due stroferelle immature e le scambia per letteratura; è il fortunello cui il successo ha dato soldi per pagarsi fior di musicisti e si scambia per un genio; è l’esempio dell’italico becerìo che pubblica incongruenze sul profilo Facebook e le chiama sonetti; è quello che pronuncia una “s” e vien fuori dell’altro. E tutti i gatti miao.
L’ultima del Jovanotti nazionale è la fantastica sortita in una delle sue apparizioni nelle Università, ché lo chiaman per tener conferenze dove si parli di cose intelligenti, che è come chiedere a Putin di parlare di democrazia, o chiedere a Bagnasco di parlare di pedofilia in Vaticano, o chiedere alla sinistra Pd coraggio in politica; una sortita che a che fare con il lavoro rispetto al quale lui, come se avesse lavorato senza avere culo, dice: “Lavorare gratis? Sì se serve per fare esperienza”, poi forse avrà detto anche dell’altro, che è il tipo che parla molto di tutto sapendo poco di niente, ma oramai la frittata era fatta ed il Jovanottone dell’ombelico del mondo e delle frasi ad effetto che lo fan sentire di,o è nella bufera dei social.
Lui non ha la colpa di essere quello che è, barba da asceta, sguardo severo di chi ha capito l’essenza, movimenti inconsulti e fuori tempo sul palco, lui in fondo non è quello che crede, è che si è disegnato così, ma coloro che lo invitano per partecipare a conferenze e tenere lezioni come se avesse qualcosa da dire sì, un po’ di responsabilità ce l’hanno. Ed è con loro che ce la dovremmo prendere, quelli che alla cultura ed alle questioni serie preferiscono i Jovanotti e gli Schettino di turno nelle Università. E tutti i gatti miao.
(4 giugno 2015)
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