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Giustappunto! di Vittorio Lussana: Giampaolo Pansa e gli Zelanti Maestri della “borghesia” intellettuale

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Vittorio Lussana 02di Vittorio Lussana  twitter@vittoriolussana

 

 

 

 

Lungi da noi voler difendere a tutti i costi il nostro attuale presidente del Consiglio dei ministri, soprattutto dopo le numerose ingenuità sin qui dimostrate. Ma i giudizi sprezzanti espressi di recente dal giornalista e scrittore Giampaolo Pansa, sia sul settimanale ‘Sette’, supplemento del ‘Corriere della sera’, sia durante la trasmissione ‘8 e mezzo’, condotta di Lilli Gruber, ci hanno veramente intristito: assistere al declino di un collega, chiunque esso sia, induce invariabilmente alla malinconìa. Ma andiamo per ordine, che ce n’è un po’ per tutti. A cominciare dalle interviste appena citate, perfettamente a mezza strada tra la consueta ‘messa in vetrina’ – cioè quasi totalmente prive di reali informazioni – e il ‘marchettone’ pubblicitario per l’uscita del suo ultimo libro: ‘Italiaccia senza pace’, edito da Rizzoli.

 

Ambedue le interviste in questione hanno dimostrato la profonda confusione di quella nostra ‘borghesia intellettuale’ che solamente per sinceri sentimenti di democrazia ‘praticata’ evitiamo di disprezzare apertamente. Un disprezzo che, tuttavia, non si può non nutrire nei confronti di un ‘circuito’ di personaggi che passano la vita a intervistarsi tra loro, a dirsi l’uno con l’altro quanto siano bravi e coraggiosi, soprattutto nel sostenere ‘trombonerìe’ o sciocchezze di svariato genere e tipo. Nel caso di Pansa, siamo ormai pienamente giunti nel territorio dei più classici paradossi da ‘finale di carriera’. Un percorso professionale passato a esercitare il più fazioso dei fiancheggiamenti in favore del Pci.

 

Rimembrando il periodo, Pansa a un certo punto cita una frase a lui rivolta da Bettino Craxi in persona dopo aver letto la sua intervista al Segretario nazionale del Partito comunista italiano, Enrico Berlinguer. Ebbene, a distanza di 40 anni, Pansa quella frase ancora non l’ha capita del tutto. Più che un’osservazione, quella del leader socialista fu una constatazione, che sottendeva un preciso disappunto per il modo con cui il ‘nostro’ esercitava la professione. Quella sua intervista a Berlinguer, pubblicata dal ‘Corriere della Sera’ e passata alla Storia per la frase sull’ombrello della Nato, nei fatti fu un ‘favore’ grosso come una casa nei riguardi di un Partito politico, non un approfondimento serrato e ‘incalzante’ nei confronti del capo dell’opposizione. Sin da allora – eravamo nel 1976 – era già possibile scorgere una più che sensibile distanza tra Giampaolo Pansa e la deontologia professionale. Oggi, invece, dopo aver a lungo cercato di legittimare, attraverso alcune pubblicazioni di successo, una destra italiana cialtrona e piccolo borghese per definizione, il ‘nostro’, ormai divenuto un ‘zelante maestro’, col cinismo delle ‘cariatidi’ regolarmente invidiose del dinamismo di ogni giovane che si presenta al cospetto dell’opinione pubblica, diffonde giudizi – e pregiudizi – contro il premier attualmente in carica, paragonandolo a un grottesco personaggio soprannominato ‘Cicciobomba cannoniere’: un maldestro soldato di artiglierìa in sovrappeso continuamente ‘canzonato’ dai commilitoni con una filastrocca da caserma.

 

Ma come suo solito, Pansa non si ferma qui: pur di generare clamore e inventarsi notizie finalizzate a porre in evidenza se stesso e il suo nuovo prodotto editoriale, che a parte la scoperta dell’acqua calda per “la mancanza, nell’attuale panorama politico, di uno statista come Alcide De Gasperi” nessuno ha ancora capito quale elemento storicamente inedito porti alla luce (Pansa non lo dice e ‘straparla’ di tutt’altro, probabilmente nella convinzione di riuscire a ‘instillarci’ curiosità…), a più riprese ci tiene a far sapere di voler consegnare il proprio sostegno elettorale alla Lega Nord e a quel ‘baùscia’ milanese di Matteo Salvini. Ovvero: a un altro ‘Cicciobomba cannoniere’, specularmente identico all’odiato Renzi.

 

Da 50 anni a questa parte, ogni qual volta questo ‘benedetto’ Paese è stato sul punto di trovare un seppur criticabile equilibrio ‘costruttivo’, sempre sul più bello arrivava lui, Giampaolo Pansa, pronto a disdegnare fatti e persone attraverso una serie di commenti e considerazioni regolarmente faziose ed estremistiche. Nonostante ciò, bisogna anche ammettere come costui, a un certo punto della propria carriera, abbia indubbiamente dimostrato una propria forma di onestà intellettuale, soprattutto nel riuscire finalmente a prendere atto del proprio ‘apotismo interiore’, che ovviamente lo ha trasformato nell’ennesimo ottantenne già con un piede nella ‘fossa’, smarritosi tra i sentieri più raminghi del proprio vagabondare. Anche se può apparire ‘brutto’ scriverlo, qualcuno deve pur farlo, a prescindere dal nostro giudizio su Giampaolo Pansa: di certi personaggi, sempre affannosamente alla ricerca di un minimo di ‘gloria’ finalizzata a scoprire se vi sia ancora il tempo per incarnare la banale metamorfosi del giovane ‘incendiario’ divenuto un vecchio ‘pompiere’, ne abbiamo ormai stracolmi i ‘cosiddetti’. Si tratta di un ‘copione’ già visto e ‘stravisto’, che non comporta particolari sforzi di fantasia: un ‘battuto sentiero’ che va sempre bene per andare a ‘cazzeggiare’ in televisione. Ciò detto, dobbiamo anche evidenziare, in particolar modo nel caso di Pansa, un’aggravante, soprattutto alla luce di quanto egli stesso si è divertito a ‘sparare’ di recente: tra un buon vino d’annata e una ‘cacca’ nel bicchiere, egli sceglie sempre, regolarmente, la seconda, esattamente come il ‘Cicciobomba’ della filastrocca.

 

Ecco dunque spiegato l’arcano: anche quando giudica il prossimo, Pansa, a livello inconscio, pensa sempre e unicamente a se stesso. Un ‘trasfert’ di quelli gravi e seri, che spiegano perfettamente, sotto il profilo psico-antropologico, per quale diamine di motivo questo signore abbia sentito il bisogno di spendere gli ultimi decenni della propria carriera nel tentativo di riabilitare i ‘manutengoli’ dei ‘cavatori oculari’ di Ebrei e partigiani. Fortunatamente, più di qualcuno, soprattutto in Lombardia, se lo ricorda ancora bene a cosa servissero certi secchi di metallo, posizionati in precisi angoli nelle stanze ai piani alti dei quartier generali nazisti: non si trattava di semplici ‘sputacchiere’.

 

Ed ecco spiegato per quale motivo sia perfettamente inutile leggere i libri di Pansa: come fiancheggiatore comunista non ne ha mai ‘azzeccata’ una; divenuto un borghese, egli si è perfettamente conformato a quell’ottica egoistica e puramente autoreferenziale che ha sempre, ostinatamente, cercato di negare, in parte riuscendoci, i meriti storici e gli altissimi valori democratici della Resistenza italiana. Un vero e proprio ‘schiaffo restauratorio’, a dispetto di se stesso e delle sue interessanti pubblicazioni giovanili.

 

Questi non sono buoni, bensì ottimi motivi per non volerne più sapere di personaggi come Giampaolo Pansa. Né di lui, né di tutti gli altri ‘istrionismi’ di simili ‘zelanti maestri’.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(18 settembre 2015)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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