Non crediamo che l’autocarcerazione di Khalid Chaouki sia una buona idea, lo sostiene anche Giancarlo Grassi su queste stesse pagine, ma vorrei andare oltre la provocazione da lui lanciata con il so articolo.
Sono certissimo che la voontà dell’onorevole PD non è questa, ma il rischio che la sua decisione suoni solo a mossa pubblicitaria è altissimo, soprattutto perché la reazione dello stato (in questo momento governato dal PD e dai suoi alleati) non è in linea con la sua protesta: alcuni (due, forse quattro) degli immigrati che si erano cuciti la bocca per protesta sono già stati deportati, non sappiamo nulla degli altri.
In più il rischio è che gli immigrati vedano nel politico italiano una figura che può sistemare questioni che non ha il potere di risolvere, visto che chiunque in questo paese è soggetto alle leggi dello stato anche se quello stato ha avuto la malaugurata ventura di essere governato da un branco di xenofobi che hanno dato vita ad un legge che punisce gli illeciti amministrativi, come sarebbe l’immigrazione clandestina in un paese normale, trasformandoli in reato penale con una legge indecente.
Poi c’è un’altra questione: come uscirà da lí l’On. Chaouki se non riuscirà ad ottenere dal governo ciò che chiede, cioè che “il centro di Lampedusa venga evacuato dalle persone che stanno qui da più di 96 ore e quindi tutti, come prevede la legge; che venga ripristinato nelle sue modalità di accoglienza come deve essere e non una specie di Cie, dove di fatto le persone vengono rinchiuse per mesi”; spero vivamente – e lo spero sul serio – che sia politicamente così forte, le sue istanze così rappresentative, la sua determinazione così incrollabile da uscire vincitore insieme a coloro che vedono calpestata la loro dignità, ottenendo quello che ha chiesto.
Poi di queste persone cosa sarà? Torneranno da dove sono venute? Entreranno in un altro centro? Le troveremo per le strade senza alloggio, lavoro né cibo? Cosa succederà dopo?
Una soluzione per queste persone che vivono per le strade senza documenti, senza lavoro, senza alloggio, senza cibo, senza dingità, schiave spesso dell’alcool e della loro disperazione prima o poi andrà trovata.
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