di Lorenza Morello
Come ormai di pubblico dominio, è durato circa tre ore il vertice tra Donald Trump e Vladimir Putin in Alaska sulla crisi in Ucraina. Un incontro definito “costruttivo” e “produttivo” da entrambi i presidenti ma senza alcun accordo raggiunto (quindi, come dire…chiacchiere e distintivo). Parlando in inglese, Putin ha invitato Trump a Mosca. Lunedì Zelensky incontrerà Trump a Washington. Il presidente Usa ha avuto una “lunga telefonata” con Zelensky e i leader Ue dopo il vertice. Abbiamo potuto vedere e sentire commenti su tutto: l’arrivo dei due aerei presidenziali, l’apertura dello sportello, la giacca aperta di The Donald in rigorosa cravatta rossa e giacca aperta, la camminata di Putin e le lamentele dei giornalisti per la spartana accoglienza con le “brande da campo” e così via.
Ciò su cui, inspiegabilmente, nessuno si esprime, resta però il punto focale.
Nella guerra tra Russia e Ucraina a tenere boccino sono gli Stati Uniti. E, no, non è perché Trump ambisce al Nobel Prize for Peace, e nemmeno perché lui ci sa fare più di altri nelle trattative. Il motivo per cui la cosa è gestita dagli Stati Uniti è perché questa guerra (come quasi tutti i grandi conflitti che da sempre opprimono il mondo) è voluta e gestita dagli Stati Uniti. Detto in altre parole, Zelensky non conta e non è mai contato nulla. Però a dirlo fino a qualche giorno fa si passava per complottisti.
Ma la cosa meravigliosa di quello che i media mainstream definiscono teorie del complotto, è che quando emergono alla luce per ciò che sono, allora tutto viene normalizzato e le ingiurie che i complottisti si sono presi fino al minuto prima svaniscono come neve al sole, senza mai nemmeno uno straccio di scuse.
(16 agosto 2025)
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