di Giovanna Di Rosa
Tra troppi esponenti del PD che vedono la vittoria dove non c’è, un Landini onesto che dice quello che è stato, un Magi che non si capisce bene cosa dica e il solito Salvini che in maniera spericolata inneggia alla Russia meno pericolosa degli immigrati clandestini, mancava un prevedibile e afono Antonio Tajani che si riposiziona sul solito tema dello Ius Scholae che ormai non serve nemmeno alla sua propaganda interna ai moderati [sic] della sua maggioranza, non essendo la proposta parte del programma di governo e quindi inascoltata.
Dovendosi dimenticare che se l’opposizione riuscisse davvero a serrare le fila nel 2027 le elezioni non sarebbero vinte a mani basse da Meloni e dai suoi (e la Cgil sarebbe nuovamente un attore attivo della rappresentazione elettorale), si riesce persino a far finta che Tajani vada ascoltato. Come lo si fa? Ignorando la proposta, che non raccoglie nessuno, se non una delle tante urlatrici televisive a stipendio da parlamentare FdI.
Del resto le destre hanno problemi più urgenti della dignità della vita dei cittadini. Ad esempio la Lega sta per riunire il consiglio federale per chiedere di togliere vincoli ai governatori e dunque riassegnare il Veneto a Luca Zaia. Che diventerà imperatore (o Doge, dipende se la guardi dalla laguna o da Washingon); Meloni e i suoi devono ora pensare a chiudere i conti con la magistratura.
La proposta meritocratica di Tajani fa sorridere come una barzelletta un po’ sconcia e già sentita più volte: “10 anni di scuola con profitto e poi si può chiedere la cittadinanza. Questo è lo ius scholae che chiediamo con la nostra proposta di legge”. Una proposta da segretario in scadenza un po’ sgonfio. Cosa dirà l’augusta Famiglia dell’augustissimo Fondatore? Persino un Lupi da 1% rinuncia a commentare il buon Tajani e parla di referendum da un altro punto di vista: “Presenteremo un ddl per alzare il tetto delle firme”, dice. Non ci si aspetta che lo faccia.
(10 giugno 2025)
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